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Consapevolezze – Satalino: “La bellezza di (non) essere invincibili”

Credits: Sassuolo

È successo. È successo davvero. Abbiamo vinto il campionato, è di nuovo Serie A. E per me e il Sassuolo questo successo assume significati e valenze simili.

È arrivato dopo aver conosciuto, convissuto e superato delle difficoltà. È arrivato dopo l’essere diventati grandi. Insieme. È l’immagine di una rinascita. La rinascita di Giacomo Satalino e del Sassuolo.

Sassuolo per me rappresenta tanto. Una seconda casa. Sono arrivato da ragazzo, sono tornato da uomo. A questo club sono molto grato perché mi ha fatto crescere e mi è sempre stato vicino, anche nei momenti più duri. Ecco perché vale così tanto questa stagione. Questa vittoria è arrivata nel momento giusto. È vero che ogni cosa ha il suo tempo. E così è stato anche per me.

È stata una stagione incredibile. Non era partita bene, siamo stati bravi a rialzarci e trovare continuità. Un gruppo bellissimo di ragazzi seri, che si vogliono bene e lavorano al massimo. Si arrivava da una retrocessione, non era scontato riuscire a lasciare andare quelle sensazioni, rimettersi in piedi e avere la forza di ripartire. Noi l’abbiamo fatto. Insieme. E le soddisfazioni che arrivano dopo aver passato un certo malessere hanno un significato diverso. Più maturo, consapevole, intenso.

In alcuni momenti della mia vita ho sentito quella voce. “Non ce la fai, forse non è la tua strada e sarebbe meglio fare altro”. L’ho ascoltata, ma non le ho dato retta. Ho continuato a lavorare per il mio sogno. Ho esordito in A, ho vinto un campionato. Di strada ne ho fatta. Ora ho un altro sogno nel cassetto, ma lo tengo per me. Magari arriverà. Nel frattempo, andrò avanti nel mio percorso. D’ora in poi, però, lo farò divertendomi. Come quando ero bambino con i guanti di papà.

Credits: Sassuolo

Non sono invincibile e va bene così

Non è stato sempre facile. Ci sono stati momenti in cui, forse, sarebbe stato più semplice mollare. Come a Cesena. In bianconero arrivo dopo un importante anno a Renate, il primo da titolare nei professionisti. Mi sento quasi invincibile, sono abituato al fatto che tutto vada per il meglio. Sono sicuro di me. Ma qualcosa è cambiato. Devo confrontarmi con sensazioni nuove. Le aspettative sono alte, le mie prestazioni non sono più così positive. In campo non mi sento le stesso. Non sono abituato a tutto questo. Forse non sono così invincibile. Sembra tutto troppo grande per me. I pensieri in testa si moltiplicano. E il calcio non ti permette di essere così. Fragile, vulnerabile, imperfetto.

I mesi passano. E la vita mi insegna tanto. Mesi in cui ho scoperto e mi sono scoperto. Ho compreso di non essere invincibile. Ho imparato ad accettare il bello e il brutto del calcio. Ho imparato ad accettare il fatto che possa avere dei limiti come tutti gli altri, che le difficoltà esistono, che è giusto viverle e affrontarle. Ho imparato ad accettare me stesso. Mi sono fatto aiutare dalla mia famiglia e dalle persone a me care, soprattutto da mio papà. Non mi ha mai fatto pesare la situazione o il dover avere successo. “Divertiti, sii te stesso. Il resto arriverà”. Ecco, io ho fatto così. Ho impiegato tempo e ho fatto sacrifici, è vero. Ma ne è valsa la pena. Il resto è arrivato e arriverà. E io, intanto, mi diverto.

Rinascere

Quando ho iniziato a stare meglio? Ci è voluto un po’. Sono cambiamenti profondi. Ho due immagini della mia rinascita. La prima è del mio esordio in Serie A. 22 maggio 2022, Sassuolo-Milan. Sì, la partita dello scudetto rossonero. Sono entrato nel secondo tempo. 8 minuti. 8 minuti in cui tornare a respirare. È stato un traguardo importante, una bella emozione. “Tocca a te”. Il tempo si è fermato, pareva di essere in un sogno. Entro in campo, non mi sembra vero. Eccomi qui, nonostante tutto.

Nel 2023 arrivo alla Reggiana. Un anno decisivo. Mi aiuta tanto l’allenatore dei portieri. Arriva Genoa-Reggiana, siamo nel pre partita. Non sono tranquillo. Non gioco da 9 mesi. Devo sfruttare l’occasione. “Sarò all’altezza?”. Aspetta Giacomo, c’è qualcosa di diverso. La paura si è trasformata in coraggio. Sono libero. Lo sento. Mi diverto. Sono leggero, finalmente.

Credits: Sassuolo

Guanti

Divertirmi. Divertirmi come quando nel cortile di casa tiravo un Super Santos e io mi buttavo per terra usando dei guanti da lavoro di mio padre per parare il pallone. Sognavo già di fare il portiere. Il ruolo del portiere mi è piaciuto fin dall’inizio. Ero talmente piccolo che non avevo mai visto una partita, ma ero attratto dall’idea di buttarmi. Era qualcosa di innato.
L’essere un portiere è qualcosa a parte rispetto a tutti gli altri, questa cosa mi piace. È una responsabilità che mi ha sempre affascinato.

Ho iniziato in una scuola calcio a Monopoli. Mi mettono in attacco. Ma io voglio fare il portiere, sono fissato con quel ruolo. Mi sono fatto comprare dei guanti da papà, li tengo sempre in borsa. No, non quelli da lavoro che usavo da piccolo a casa. Dei guanti veri. Poi una domenica è cambiato tutto. Alla mia squadra serve un portiere. “Ci sono io”. Da quel momento non sono più uscito. Lì è iniziato il mio sogno. Ne ho fatta di strada. Mi sono conosciuto. Sono diventato uomo. E ora mi godo il viaggio.