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Samaden: “Dimarco un emblema. Il sorriso di Gnonto è lo spot più bello”

Dopo 33 anni da responsabile del settore giovanile dell’Inter, Roberto Samaden lascia il club nerazzurro per iniziare una nuova esperienza all’Atalanta. 

  

 

“Finire il percorso all’Inter non è stata una scelta facile. Uno dei motivi che mi ha portato a scegliere di andare all’Atalanta è stato quello di potermi sedere alla scrivania che utilizzava Mino Favini, per me un riferimento. Mi piacerebbe continuare quello che ha fatto lui, per l’Atalanta e il calcio italiano”, così Roberto Samaden a Sky Sport. 

 

Inter, le parole di Samaden su Casadei e Gnonto

L’ormai ex dirigente dell’Inter ha parlato di alcuni dei prodotti del vivaio nerazzurro, come Casadei: “Andare all’estero e giocare con i grandi ha fatto crescere Cesare tantissimo. Se consideriamo che lo scorso anno un giocatori di quel livello non ha collezionato 3 minuti in Serie A o in un campionato professionistico adulto, nonostante fosse dominante in Primavera. Che lo scorso anno abbia giocato in Primavera onestamente non è stata una cosa positiva per la sua crescita”. Su Gnonto: “Gnonto l’ho visto crescere da quando aveva 9 anni, un ragazzo strepitoso, mentre Caasadei l’ho prelevato dal Cesena a 16 anni. Entrambi erano spettacolari dal punto di vista della persona, con caratteristiche diverse, sono ragazzi a cui non si può voler bene”.

 

 

Sulla sua esperienza nel club nerazzurro: “Sono affezionato a tutti, dal primo ragazzino che ho allenato nel 1990 all’ultimo che ha segnato nella finale scudetto settimana scorsa, Andrea Ceti ad Agoostino. Me li ricordo tutti. Se devo pensare a uno che sta avendo successo oggi, credo che Willy Gnonto sia veramente un ragazzino che ho nel cuore: ha scelto un altro percorso, ma vedere il suo sorriso ogni volta che entrava, la sua serenità credo sia lo spot più bello di quello che dev’essere un settore giovanile. Willy l’ho apprezzato ancora di più per la scelta che ha fatto, perché ha avuto coraggio”.  Su Dimarco: “E’ l’emblema di quello che dev’essere il risultato di un settore giovanile: non vincere le partite o comprare un ragazzino per rivenderlo a 19 anni, ma è arrivato all’Inter da una società di Milano affiliata all’età di 7 anni, ha fatto un percorso insieme a Di Gregorio e Bonazzoli ed è arrivato in Prima Squadra, oltretutto da interista malato. Il sogno di ogni bambino e di ogni responsabile”.

 

 

Sulla carenza degli attaccanti nel calcio italiano: “Viscidi ha fatto un lavoro straordinario in questi anni e ha analizzato il problema dal punto di vista tecnico e quantitativo: i nostri ragazzi si allenano poco rispetto ai coetanei delle altre nazioni europee e giocano poco, fanno poca attività sportiva a scuola che è comunque propedeutica a qualunque sport. Abbiamo fatto un passo avanti dal punto di vista del gioco, prima eravamo un Paese di difesa e contropede, ora abbiamo la costruzione da dietro, centrocampisti che sanno giocare, ma tendenzialmente ne hanno pagato le conseguenze gli attaccanti. Abbiamo attaccanti bravi a venire incontro e a fare le sponde, ma che attaccano poco la profondità e calciano poco in porta”.

  

 

Sulla crisi del calcio italiano: “Bisogna investire su professionisti nei settori giovanili, non solo in Serie A, ma anche di Serie B e Lega Pro, che il mondo dei dilettanti per avere quella base per formare giocatori che arrivino in nazionale. Bisogna investire e crederci, non solo parlarne dopo un’eliminazione. Si rischia di avere un problema ancora più grande”. Sulle seconde squadre: “E’ un passaggio fondamentale dal settore giovanile alla Prima Squadra, soprattutto se questa è di alto livello. Anche qui, oggi ce n’è una nonostante sia un progetto di cui si parla da anni. Stiamo invecchiando il campionato Primavera con giocatori di 20 anni, invece di spingerli in contesti come hanno fatto , Oristanio, Stankovic, Gnonto o Casadei. Il problema è non riuscire a fare un ragionamento di sistema, in Italia ci sono 6 componenti che si occupano di calcio giovanile, ma bisognerebbe sedersi intorno a un tavolo e avere un’idea comune, così anche innalzare l’età della Primavera potrebbe avere una logica. Credo che il passaggio fondamentale sia lavorare sull’ambiente”.

Redazione

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