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Dall’errore decisivo a Euro 2020 e gli insulti razzisti alla doppietta contro l’Iran: Saka si (ri)prende l’Inghilterra

La luce alla fine del tunnel di Bukayo Saka si chiama Iran. E con due gol all’esordio Mondiale, il fantasista inglese si (ri)prende la Nazionale. Se oggi Saka è il volto sorridente dell’Inghilterra lo deve anche a quell’errore a Euro 2020, un errore pesante, ma anche formativo.

Meno di un anno e mezzo fa, quel volto – oggi sorridente – era coperto per nascondere le lacrime. Un rigore sbagliato, quello decisivo in finale contro l’Italia, che ha generato odio e dispezzo. Oggi, però, la rivincita e un nuovo inizio.

 

 

“Il vostro odio non mi spezzerà”

Rischiava di essere il finale più atroce di una storia romantica. Il ragazzino nato a sei miglia da Wembley che regala, proprio nel tempio inglese e davanti un’intera Nazionale, un trofeo che mancava dal 1966. Invece, il sogno si è infranto sui guantoni di Gigio Donnarumma. Un urlo spezzato in gola che ha lasciato il posto alle lacrime.

 

 

Da (possibile) eroe a bersaglio. “La mia reazione a fine partita dice tutto, soffrivo molto e mi sentivo di aver deluso tutti. Non permetterò che quel momento, o gli insulti che ho ricevuto mi spezzino, aveva raccontato.

Insulti e minacce a sfondo razzista che hanno creato un clima di tensione attorno ad un ragazzino di appena vent’anni. Avrebbero potuto spezzare chiunque, ma non Bukayo Saka, che ha aspettato, in silenzio, il suo momento.

 

 

Dalle lacrime ai sorrisi: Saka si (ri)prende l’Inghilterra

Dopo 528 giorni ricomincia la storia di Bukayo Saka con l’Inghilterra. Due reti, di classe e talento, per farsi perdonare e per riprendersi. “Sono dispiaciuto, ma giuro che daremo tutto quello che abbiamo per essere sicuri che la nostra generazione scopra cosa si prova a vincere”. La rivincita di Bukayo Saka parte da lontano, proprio da quei giorni in cui era tutto scuro. Per lui e per l’Inghilterra. Che ora strapazza l’Iran e torna a credere al “It’s Coming Home”. Sempre nel segno di Saka, oggi sorridente più che mai.

Pietro Agoglia

Ho lasciato il calcio giocato una domenica piovosa in un campo fangoso. Ma il richiamo era troppo forte: ho sostituito gli scarpini con la penna, una divisa con il computer e ora cerco di raccontarlo. Laureato, ma niente di serio. Quasi giornalista, la fumata bianca è vicina, ma mancano da definire i dettagli finali.

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