Una delle persone più importanti della carriera di Mourinho è stata Manuel Sergio, suo professore di “filosofia delle attività corporali” all’Università: “Il professore mi ha insegnato a comprendere che ogni persona è diversa dall’altra. Ogni calciatore è diverso dall’altro, e l’espressione di ciascuno di loro in campo in termini di prestazione è la conseguenza di un’empatia che si crea tra due uomini: nella fattispecie, tra un uomo molto più maturo (l’allenatore) e i calciatori. Questo tipo di empatia per me è fondamentale“.
Mourinho enfatizza quindi l’importanza della conoscenza dell’umano per un allenatore: “A livello umano, ogni giorno è un giorno nuovo, e ogni persona è una persona nuovo. In 20 anni di carriera, ho avuto tantissimi giocatori, ciascuno unico. Mi rifiuto sempre di fare paragoni. Possiamo trovare punti simili a livello tecnico, ma fare paragoni tra persone è una cosa che odio fare. Ogni persona è diversa dall’altra, e anche il mio modo di pormi con loro è diverso: perché una cosa è essere un allenatore di 35 anni di calciatori di 30, altra cosa è essere un allenatore di 59 anni di giocatori di 25″.
Il ruolo dello sport nella formazione secondo Mourinho
In un ultimo passo della lunga chiacchierata, l’allenatore giallorosso ha parlato del ruolo che ha lo sport, o il gioco più in generale, nella formazione dei bambini: “Il contributo che il gioco dà ai giovani è fantastico. È una questione educativa: nelle scuole, nelle fasce d’età più basse, e nello sport di formazione, questo deve essere l’asse centrale di sviluppo. Il bambino che cresce in uno spogliatoio con amici, con i quali crea legami forti nello sport e nel gioco, cresce con altre razze, religioni e quando sarà adulto, questa base sarà presente. Un giovane italiano cresciuto con un africano arrivato in Italia come rifugiato da una di queste situazioni che abbiamo per il mondo, credete che un giorno sugli spalti sarà aggressivo, razzista, xenofobo? Non lo sarà“.