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Roma, la città e i suoi tifosi: monoteisti di un solo D10 (soprattutto nei momenti bui)

Una lettera, un pensiero, un ricordo. Anche solo un gesto o un’immagine rimasta scolpita nella memoria. Descrivere a parole le emozioni suscitate da Francesco Totti nel tifoso romanista è allo stesso tempo impossibile ed infinito. 25 anni di calcio al servizio di una sola maglia sono un’eternità. Praticamente un’era. Più di un calciatore, più di una bandiera, oltre l’icona. Francesco Totti per Roma e i tifosi della Roma è qualcosa che trascende la materia. Probabilmente supera i limiti dell’esperienza sensibile. Esagerando un po’, ma nemmeno troppo – e parafrasando quello che è ed è stato Maradona a Napoli – per 25 anni c’è stato un solo D10 nella capitale: Francesco Totti. Un legame inscindibile con una città, con la sua gente che ha segnato una generazione per chiunque l’abbia vissuto. Ragazzi diventati ormai uomini, padri diventati nonni e molti, moltissimi ragazzi che hanno avuto la (s)fortuna di vivere Francesco Totti solo in parte. Non c’è una cosa rimasta intatta dal 1993 ad oggi. E da lunedì ognuno di noi sarà costretto a fare i conti con la fine della propria adolescenza, alcuni entreranno nella vecchiaia, molti vedranno ritirarsi solo un racconto di papà, un ricordo del fratello maggiore.

Per ogni tifoso della Roma c’è un momento, un gesto, un ricordo che lo lega alla figura di Francesco Totti. Numeri, gol e vittorie. Gioie, emozioni, lacrime e felicità. Totti è stato tutto. In questi giorni si sono sprecati articoli, immagini e video su quello che ha fatto con la maglia giallorossa. Ricordi infiniti del Francesco giocatore. Per rispetto (di tutti gli avversari) e per riconoscenza (dei tanti compagni e colleghi). Ma forse i ricordi più diversi e toccanti di ogni tifoso romanista servono solo a farsi meno male. Servono a lenire quel senso di tristezza nel veder finita l’era del più forte calciatore della storia della Roma. Totti giocherà l’ultima partita e inevitabilmente bisognerà confrontarsi con una gioventù che non c’è più, con i capelli bianchi e con un numero 10 giallorosso che non avrà più scritto Totti.

Legame indissolubile, una venerazione che nel tifoso romanista non è mai venuta meno. Anzi, nei momenti più bui si è fatta più forte. Come per un familiare, nel momento di difficoltà l’amore si è trasformato in cemento. Sbarrando la strada alle critiche per comportamenti sbagliati. Una città che si è chiusa a riccio a protezione del suo figlio prediletto. Il calcio a Balotelli, lo sputo a Poulsen, lo schiaffo a Colonnese o gli insulti all’arbitro Rizzoli. Tutti gesti errati e giustamente criticati che hanno trasformato, spesso, l’amore in cecità. Totti non si tocca. Perché tutti siamo umani e sbagliamo, ma ad un figlio si perdona tutto. Totti è stato, anche, questo. Il ritiro è solo un capitolo che si chiude. Domani riceverà un lungo abbraccio per la sua prima vita romanista. Il calciatore smette. Il resto, lo hanno ricordato oggi i tifosi, non cambia: “Ci sono vite che càpitano e vite da capitàno. Lode a te Re di Roma”

Marco Juric

Aspirante scriba, si avvicina al calcio giocato grazie alla chioma fluente di Giovanni Cervone. Folgorato dalla prima autobiografia di Roy Keane, non si innamora del Manchester United, ma del Nottingham Forest. Dopo i primi trent’anni di osservazione partecipante, ha deciso di passare gli altri trenta che gli rimangono a scriverne.

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