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Prima l’inchino, poi il coro: Roma-Kolarov, parabola di un amoreodio

La Roma vince e convince, senza cali di tensione. Sale al quarto posto, per una notte e guarda con maggiore serenità agli ottavi di finale di Champions League. Ma nella tranquilla notte di Verona un gesto non è passato inosservato, soprattutto alla parte più calda del tifo giallorosso: l’inchino di Kolarov dopo il gol. Un gesto chiaro e con un destinatario ben preciso, il settore ospiti dello stadio Bentegodi.

Polemico, provocatorio o solamente un ringraziamento ai tifosi della Roma? Visto il clima delle ultime settimane difficile pensare solamente a quest’ultima possibilità. Un rapporto altalenante quello tra il serbo e i tifosi della Roma. Laziale traditore al momento del suo arrivo, tramutato in rispetto per un giocatore “tutto d’un pezzo”. Sì, no. Amore, odio. Esploso dopo il gol (e l’esultanza) nel derby ma poi imploso successivamente con una frase: “Il tifoso di calcio capisce poco”. Apriti cielo.

Una bufera diventata precedente peccaminoso da rinfacciare alla prima occasione: il 7-1 in Coppa Italia. “Siamo noi che non capiamo di calcio, vero?”. Uno scontro ormai frontale tra Kolarov e i tifosi, nato alla Stazione Termini il giorno prima, quando gli era stato urlato “sveglia” e il serbo aveva risposto seccato: “Sveglia tua madre”. Da nemico a idolo, da vero uomo a “croato abbassa la cresta”, come recitava una delle scritte comparse nelle notti post Fiorentina. E ancora i sonori fischi durante Roma-Milan.

Oggi, forse, l’ennesima risposta di Kolarov. Un inchino che si lascia a tante interpretazioni. Forse meno per i tifosi arrivati a Firenze che di tutta risposta non hanno mancato di far sentire il coro “tifiamo solo la maglia”. Gesti, parole e posizioni ormai ferme. Da una e dall’altra parte. In una città che troppo facilmente si lascia trasportare dagli eventi e dal loro umore, non perdendo mai l’occasione di dimostrare quanto sia difficile mantenere un equilibrio.

Marco Juric

Aspirante scriba, si avvicina al calcio giocato grazie alla chioma fluente di Giovanni Cervone. Folgorato dalla prima autobiografia di Roy Keane, non si innamora del Manchester United, ma del Nottingham Forest. Dopo i primi trent’anni di osservazione partecipante, ha deciso di passare gli altri trenta che gli rimangono a scriverne.

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