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Di Francesco: “Zaniolo? Bisogna mantenere il ragazzo con i piedi per terra. E la 10…”

Il ruolo di team manager lo hanno svolto entrambi. Oggi Morgan De Sanctis lo fa all’interno della Roma, Eusebio Di Francesco lo ha fatto dopo il ritiro da calciatore, prima di vestire definitivamente i panni dell’allenatore al Sassuolo. I due giallorossi hanno presentato così la sesta edizione del corso da Team Manager della Luiss: “Quando si accorciano le gambe si allunga la lingua e così sono diventato Team Manager. Da allenatore dico che il nostro compito è quello di
essere attenti a tutto quando ci si allena e nei momenti determinanti quando si prepara la partita. Il lavoro non dura un’ora, ma tutta la settimana. Io ho fatto il team manager con il ruolo di essere vicino la squadra e l’allenatore. Poi ho sentito il richiamo della panchina
” ha detto l’allenatore della Roma.

Il ruolo dell’allenatore è però quello di proteggere la squadra: “Zaniolo? Bisogna mantenere il ragazzo con i piedi per terra, i giovani sono social e spesso quello scritto un mese fa è diverso da quello scritto un giorno fa. È l’equilibrio che cambia. Noi cerchiamo di trasmettere a Zaniolo che si può sempre migliorare. Sulla maglia numero dieci non mi interessa, perché è riduttivo e poi la dieci bisogna guadagnarsela”.

Quando si fanno allenamenti ad alta intensità capita che ci siano diverbi – ha continuato l’allenatore giallorosso – Bisogna conoscere i caratteri dei giocatori. Siamo aiutati perché siamo a porte chiuse. Per quanto riguarda la comunicazione con l’esterno la mia forza è non ascoltare e leggere certe cose, c’è però un grande errore, la mia responsabilità più grande è nei confronti della società, anche a Sassuolo avevo responsabilità. Sono le dinamiche che cambiano. Una squadra che si deve salvare ha la stessa responsabilità della squadra che deve arrivare in Champions. Bisogna avere la capacità di staccarci e credere tanto in quello che fai”.

De Sanctis invece ha raccontato come ha iniziato la sua carriera fuori dai pali: “Due anni fa ero un giocatore in attività. Giocavo nel Monaco e siamo arrivati in semifinale di Champions League. Avevo un altro anno di contratto. L’anno prima ero alla Roma e sono dovuto andare via perché davanti a me c’erano Szczesny e Alisson. Poi è arrivata la chiamata di Monchi, prima del 3 a 2 al Genoa, la partita di addio al calcio di Totti. Quando ci siamo visti in mattinata. Ero convinto che lui mi offrisse un contratto da giocatore invece lui mi disse: ‘no ti voglio da manager, mi serve una figura all’interno dello spogliatoio quando sono assente’. Monchi decise che dovevo avere il ruolo da team manager. Non ho avuto esitazione, perché me lo chiede una persona di cui avevo fiducia. Vedevo bella figura di team manager grandi responsabilità. Per quanto potessi essere consapevole delle differenze tra vita di calciatore e no, non ero ancora pronto. Non te ne rendi mai conto fino a quando non lo provi sulla tua pelle”.

Totti? Non facevo il team manager nell’anno del suo ritiro. Ho un rapporto meraviglioso con Francesco e con Luciano Spalletti per fortuna non ero lì, ero al Principato per fortuna. Zaniolo? Da team manager ho il compito di trasferire all’allenatore tutti i sentimenti dello spogliatoio. Per quanto riguarda ai social: lì scrivete la vostra storia. In questi ultimi giorni sono usciti dei post dove Nicolò aveva 14 anni ed era legittimato a pubblicare. Mercato? Durante il mercato il team manager deve capire i messaggi che lancia il giocatore solo così può fare anche l’interesse della società. Kolarov? È un professionista grandioso, ci siamo confrontati in questa settimana. Ma il confronto più importante lo ha avuto con De Rossi e Totti. Totti in un percorso di crescita professionale avrà il compito di un confessionale come Riva in Nazionale. Avrà il compito di sentire gli umori dei giocatori e chi se non lui può fare questo ruolo. È difficile questo passaggio, ma Francesco ha il vantaggio di essere romanista dentro e sarà in grado di trasmetterlo ai calciatori

Redazione

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