In questi giorni la Roma è sicuramente tra le società più attive sul mercato in entrata, con gli arrivi di Matias Soulé e Artem Dovbyk, entrambi a titolo definitivo, che si aggiungono a quelli di Samuel Dahl ed Enzo Le Fée.
Investimenti onerosi, compensati in parte dalle cessioni (Belotti, Aouar) e dai risparmi sugli ingaggi (per esempio quelli di Rui Patricio e Spinazzola, a cui sono scaduti i contratti).
Al netto di questi introiti, quando si approfondisce il tema economico-finanziario legato alla Roma, al calciomercato si intreccia il discorso sul Settlement Agreement con la Uefa. A che punto è l’accordo? E cosa comporta? A chiarirlo è stato Antonio Di Cianni, intervenuto a Sky Sport 24 per “Football Benchmark”.
Un primo punto è il seguente. La Roma è ancora sotto Settlement Agreement: ha firmato un accordo di durata quadriennale con la Uefa nel 2022, e quindi si trova ora a metà del suo percorso. La società giallorossa era finita sotto indagine ed era poi stata punita perché, come l’Inter prima e altri club all’estero, non aveva rispettato nei tre anni precedenti la “break even rule”: le perdite accumulate nel periodo sotto esame erano state superiori a quelle consentite dalla Uefa.
Cosa è cambiato ora? Dopo due anni sono stati “ricalcolati” i parametri per verificare se la Roma avesse cambiato indirizzo. Così è venuto meno l’obbligo del “transfer balance”, cioè la necessità di un saldo di mercato (non solo tra stipendi e acquisti/cessioni, ma anche considerando gli ammortamenti dei cartellini) positivo al termine di ogni stagione.
Grazie ad alcune cessioni (su tutte quella di Roger Ibañez all’Al Ahli), ai ricavi dallo stadio Olimpico, spesso sold-out e all’ingresso, durante la passata stagione, del nuovo sponsor Riyadh Season (che ha portato 25 milioni), i bilanci delle ultime due stagioni sono migliorati, con previsione per quello 2023–2024, non ancora disponibile, che è in positivo. Sono aumentati i ricavi e scese invece le perdite.
Questo andamento virtuoso ha fatto sì che la Uefa riconoscesse il buon lavoro della dirigenza: dall’1 luglio la Roma può operare senza più l’obbligo del “transfer balance”, ma resta comunque sotto Settlement Agreement. Il che vuol dire che la Roma dovrà probabilmente completare comunque delle cessioni (in questa sessione e anche nelle prossime) per rientrare dentro a determinati parametri; anche perché i giallorossi non sono qualificati per la Champions e non potranno usufruire dei ricavi. Insomma, non c’è stato un “liberi tutti”, ma un allentamento dei freni.
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