In mezzo al cemento armato delle case popolari di Sarcelles, uno dei comuni più poveri di tutta la Francia situato a poco meno di un’ora da Parigi, d’un tratto si apre una distesa verde. Campi da rugby, tennis, prati dove le persone iniziano a godersi i primi pomeriggi primaverili dopo il freddo inverno. Ci sono anche tre campi da calcio: siamo al Centro Sportivo Nelson Mandela. Qui è cresciuto Riyad Mahrez. Qui ha vissuto fino a 18 anni. Vissuto, quasi nel vero senso del termine: “Lui era speciale. Non parlo di tecnica, a quella ci arriviamo dopo. Era speciale perché era sempre qui. Mattina, pomeriggio, sera, dal lunedì alla domenica: passavi da qui e lo trovavi sempre con un pallone. Non scherzo eh, era davvero così. Anche da più grande, mentre i suoi amici uscivano con le ragazze o in discoteca, lui non faceva altro. La sua vita era solo il pallone. In questo campo ha imparato a calciare e a dribblare come fa adesso”, ci racconta Mohamed Coulibaly, Direttore Sportivo dell’AAS Sarcelles Football, la squadra dove Mahrez è cresciuto. “L’hai visto come ha chiesto il pallone a De Bruyne sulla punizione mercoledì? Quella è personalità. A lui non è mai mancata. All’inizio gli è mancato altro…”.
Perché quello di Mahrez è stato un percorso atipico: “Ha sofferto molto l’aspetto fisico”, racconta Mohamed. “Era piccolo e magro: tecnicamente ha sempre saputo far tutto, ma quando ha iniziato a giocare a calcio a 11 non riusciva più a incidere. Gli altri crescevano, lui è rimasto gracile. In più, un’altra cosa che lo rendeva particolare era il fatto di essere lento. Spesso si è lenti se si è sovrappeso: lui invece era magro, ma aveva proprio ritardo nello sviluppo dei muscoli. Gli mancava esplosività. Te lo dico francamente, fino a 16 anni nella nostra squadra c’erano giocatori molto più forti di lui”. Solo Mahrez riuscirà poi a diventare una vera star. Il suo segreto, la testa: “Era sicuro che ce l’avrebbe fatta. Ha lavorato tanto per arrivare al successo e superare i suoi deficit. Di testa era già un professionista sin da bambino”.
Un percorso che non è stato facile. Il piccolo Riyad Mahrez vedeva i suoi compagni firmare con i migliori club dei contratti “stagisti”, l’ultimo step per i giovani talenti francesi prima di firmare il primo vero contratto professionista. Nessuno si interessava a lui: “Ogni anno tanti dei nostri ragazzi ci lasciano per andare in club importanti”. Mahrez invece ha dovuto aspettare più del previsto. E con un grande problema in più da superare: la perdita del padre. Un lutto che gli ha dato ancor più forza: “Se prima era motivato, dopo aver perso il padre ha trovato ancora più forza. Ha continuato a lavorare, poi finalmente i suoi muscoli si sono sviluppati. Con il gap fisico limato, si fecero avanti i primi club. Quando il Quimper lo corteggiò, Riyad aveva 18 anni. Era la sua prima opportunità importante. Supplicò sua madre di fare lo sforzo economico di portarlo là, assicurandole che avrebbe fatto carriera e che non avrebbe più avuto problemi economici. In sostanza, le disse che se glielo avesse permesso, non si sarebbe pentita. Guarda ora dov’è: lui lo sapeva già allora che ce l’avrebbe fatta. E ne eravamo sicuri anche noi”.
Adesso Mahrez è lontano, ma a Sarcelles tutti lo seguono, come se fosse un loro figlio: “Siamo fieri di lui. Siamo sempre in contatto anche perché nonostante sia diventato una star è rimasto un ragazzo umile che si interessa ancora al club che l’ha fatto crescere. Tra poco inaugureremo un nuovo impianto, a pochi metri da quello vecchio. Lo sai come lo chiameremo? ‘Stadio Riyad Mahrez’. Anzi, forse meglio la ‘Mahrez Arena’, almeno sembra più moderno. In ogni caso, questo impianto porterà il suo nome. Noi speriamo di averlo con noi per l’inaugurazione. Magari se dovesse vincere la Champions League potrebbe portarla qui: sarebbe fantastico per i ragazzi di Sarcelles. Per loro il calcio è una vera speranza”. Come quella del verde del centro sportivo che d’un tratto rompe il grigiore delle case popolari e accende il sogno di un futuro da star. Un futuro da Mahrez.
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