Categories: Interviste e Storie

Rigobert Song, morire per rinascere

Rigobert Song ormai è esperto di “seconde chance”. Ha imparato cosa significa morire e poi rinascere. Dopo l’ictus che nel 2016 rischiava di non lasciargli scampo. E di nuovo oggi, da ct del Camerun.

Otto anni fa lo avevano salvato il suo cane e i fondi del governo del Camerun; da allenatore si sta facendo largo da solo, con la tenacia e il coraggio delle sue scelte

C’è una partita che rappresenta al meglio Song. È il 28 novembre 2022, fase a gironi dei Mondiali in Qatar. Il Camerun ha perso la prima partita ed è sotto nella seconda contro la Serbia, 1-3. Il clima è tesissimo, complice l’addio di Onana al ritiro dopo i contrasti con lo stesso Song. Il Camerun però non rinuncia a giocare, e rimonta fino al 3-3. Merito dei cambi del ct, che è rimasto fedele al suo motto: “Sei davvero in pericolo solo quando non sai di esserlo“. 

I cappellini col motto, il rapporto con Eto’o: alla scoperta di Song

In Qatar, Song si era presentato in campo indossando un cappellino bianco, con scritte nere: c’era impressa proprio la seconda parte del motto che lui stesso ha ideato, e che tutto il Camerun conosce. La prima era scritta su un altro cappellino, indossato con la Svizzera. Chissà cosa si inventerà in questa Coppa d’Africa, in cui il Camerun parte tra le favorite. 

Alle spalle di Song c’è sempre una presenza ingombrante: Samuel Eto’o. L’ex Inter e Barcellona è il presidente federale, nonché capocannoniere dei Leoni indomabili; il recordman di presenze è proprio l’amico Song, ex compagno di squadra. Sul campo Eto’o attaccava, Rigobert difendeva. Ruoli impersonati anche oggi: quando il campione d’Europa 2010 esalta le potenzialità del calcio africano camerunese, Song deve scaricare la pressione

Di personalità Song ne ha sempre avuta, dai tackle in campo fino al look, coi capelli e la barba tinti di biondo che ne hanno fatto un’icona degli anni Novanta. Dopo West Ham e Galatasaray e una breve esperienza alla Salernitana (4 presenze e 1 gol), il secondo tempo della sua vita lo sta trascorrendo in panchina, da commissario tecnico. Prima il Ciad, ora la sua nazionale, scelto dallo stesso Eto’o al posto di Toni Conceicao dopo la deludente Coppa d’Africa persa in casa. 

Proprio mentre allenava il Ciad, otto anni fa, Song fu colpito da un ictus. A salvarlo il suo cane, che abbaiando destò la preoccupazione dei vicini. A occuparsi delle cure e del trasferimento in Camerun furono invece le autorità statali: da quel momento Song, che si riprese presto, divenne ancor più simbolo nazionale, un’icona al di là dello sport. 

Da calciatore Song ha vinto due volte la massima competizione del suo continente, nel 2000 e nel 2002. Alla sua straordinaria traiettoria di calcio e di vita manca un solo tassello: un trofeo da CT. E chissà che la sesta Coppa d’Africa della storia del Camerun possa alzarla proprio lui, l’uomo del destino. Leggi anche – L’albo d’oro della Coppa d’Africa

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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