Categories: Interviste e Storie

“Sempre con il sorriso”: Orsolini, l’eroe del Bologna raccontato da chi l’ha visto nascere

Remo Orsini a Gianlucadimarzio.com: “Nel novembre del 2024 sono stato investito. La visita di Riccardo in ospedale, nonostante non fossi cosciente al 100%, la ricordo dall’inizio alla fine”

Avete mai visto Riccardo Orsolini arrabbiato? Pensateci. In televisione, in conferenza stampa o nella vita di tutti i giorni. Difficile, vero? Una sola instantanea del ‘ragazzino’ di Rotella con il broncio: impossibile da trovare. “Lui è così, con il sorriso stampato in faccia – dice Remo Orsini, scopritore dell’attaccante e osservatore dell’Ascoli, a Gianlucadimarzio.com. Non ci siamo mai allontanati. E il suo affetto, il suo amore, l’ho sempre sentito. Anche durante quei mesi post incidente…”.

20 novembre 2024. Oggi non parliamo di come Orsini ha scoperto il “suo” Orsolini. Ma ci limitiamo a tornare – per un attimo – a quel giorno, quel ‘maledetto’ giorno. “Tutt’ora mi sento un miracolato”. Il buio abbraccia la strada, poca visibilità. E a subirne le conseguenze è proprio Remo che, mentre attraversa la strada, viene investito da una Jeep. “Non ricordo nulla. Il peggio è passato grazie alle terapie, che sto continuando a fare, e le attività al mare”. Il sostegno della famiglia e degli amici cari.

Tra cui proprio Orsolini che, nonostante gli impegni con il Bologna, non ha esitato un attimo. “Colgo l’occasione per ringraziarlo. Venne in ospedale e mi fece molto piacere. Mi ha riportato una maglia con la sua firma”.

“Non ero cosciente al 100% ma quei momenti, quegli attimi, li ricordo perfettamente. Riccardo, per me, sarà sempre ‘il mio bambinone genuino che ho conosciuto tanti anni fa’” aggiunge Remo con un po’ di emozione.

Orsini: “Orsolini tra Rotella e la famiglia”

Orsolini e la sua Rotella, comune di 780 abitanti della provincia di Ascoli Piceno. Il legame è solido, indissolubile nonostante la distanza. E proprio quel ‘paesino’, il 6 luglio scorso, si è vestito a festa per celebrare il suo campione. “Ho trascorso una bella giornata con Riccardo – dice Orsini – . Abbiamo pranzato insieme e poi siamo andati alla sua festa dove mi hanno invitato. Ci sentiamo molto spesso, ora dovrò tornare a Bologna per assistere alla partita contro il Torino, squadra che supporto insieme all’Ascoli”.

Dalla spiaggia alla Nazionale di Gennaro Gattuso passando per la Champions League e l’Europa League. Orsini scopre Orsolini all’età 8 anni. Quel ragazzino che, giocando a calcio sulla riva del mare, lascia qualcosa nella mente di Remo. ‘Lui ha il talento’, pensiero azzeccato. “Non distinguo il Riccardo calciatore e il Riccardo uomo. Lui è un ragazzo fenomenale in tutto e per tutto. Un talento innato e una persona genuina. Il suo sorriso? Stampato in faccia, impossibile da togliere”, ecco. Trovata la risposta alla domanda iniziale.

Riccardo Orsolini ai tempi dell’Ascoli (Credits Photo: Ascoli Calcio 1898)

“Bologna l’ha reso un campione”

“Le partite di Serie A le gioca come fosse una sfida tra amici. Questa è la sua forza – aggiunge Orsini – . Il divertimento resta la sua priorità”. Insegnamenti. Acquisiti grazie anche a una grande famiglia. “Conosco papà Paride (LEGGI QUI LA SUA INTERVISTA), la mamma Cristiana e la sorella Morgana. Una famiglia eccezionale con la quale ho un grande rapporto”.

Il primo gol in Europa (League) è arrivato il 2 ottobre nella sfida tra il Bologna e il Friburgo. “Dove potrà arrivare Riccardo? Mi piacerebbe vederlo in una squadra di prima fascia ma il bene, l’amore, il supporto arrivato da Bologna l’ha reso un vero e proprio campione”. Lo stesso che, nonostante il successo, non è mai cambiato. Tenendo saldi i rapporti che aveva coltivato 15 anni fa quando giocava in piazza.

Davide Balestra

Nato nel 2000 a San Benedetto del Tronto. Di sangue metà pugliese e metà marchigiano ma con inflessione dialettale praticamente neutra. Figlio della Generazione Z, la stessa che ha partorito calciatori del calibro di Haaland, Vinícius Júnior o Tonali. Al tentativo di replicare le loro giocate sul campo di calcetto ho preferito il portatile o il microfono, quest’ultimo, da un po’ fedele compagno di viaggio. Poca retorica: le emozioni che trasmette un campo di calcio non sono quantificabili. E a me piace raccontarle, che sia attraverso una tastiera o una telecamera puntata in volto. Ansie, timori e paure fanno parte del percorso. Cerco di superarle con umiltà, virtù che, con il tempo, sto rendendo un mio mantra.

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