A Reggio Emilia il 2019 è un anno da non sbagliare. E il motivo è molto semplice: cento anni fa, dalla fusione di Reggio Football&Cricket Club e Audace Reggio nasceva l’AC Reggiana. A proposito, ma come si dice, Reggio Audace o Reggiana? Ce lo spiega il presidente della Regia in persona, Luca Quintavalli: “L’iscrizione al campionato è stata fatta come Reggio Audace, a livello giuridico non potevamo ancora fare diversamente. Poi però abbiamo ripreso il titolo sportivo e riacquistato il marchio. In un anno così importante era un segno dovuto verso tutti i tifosi”. Il dubbio resta: Reggio Audace o Reggiana? Ci pensa lui a scioglierlo, una volta per tutte: “Chiamiamola Reggiana che è meglio”.
La settimana dei festeggiamenti è stata l’ultima di settembre. Baldoria, vecchie glorie, ricordi che riaffiorano. Del resto parliamo di un club che nel ’97 giocava la Serie A, a Reggio mica se lo dimenticano. Una città intera che si stringe intorno alla sua squadra, che oggi gioca il campionato di Serie C (attualmente seconda a -4 dal Padova capolista). Parola del presidente: “Quello che più mi è piaciuto è che la piazza si sia riempita non solo di tifosi, ma anche di famiglie. È la dimostrazione dell’attaccamento della città a questo club. Non potevamo aspettarci di meglio. Anzi, ci aspettavamo anche meno gente…”.
L’attaccamento della gente. Parlando con Quintavalli è il concetto che salta fuori più spesso. E le coreografie contro il Carpi ne sono la prova: quelle sì, decisamente da altra categoria, “spaziali”. Miglior tifoseria? Possibile: “Escluso il sud, credo di sì. Per numero di abbonati, ma soprattutto per il seguito in trasferta. Da questo punto di vista, sì, siamo i primi in Italia”. Tutt’altro che banale per un club rifondato l’anno scorso e ripartito dai dilettanti. Eppure loro, i tifosi, ci sono sempre stati: “Negli anni il coinvolgimento calcistico, da molte parti, è venuto meno. Qui a Reggio Emilia invece è rimasto costante… forse è anche migliorato”.
Un po’ perché, da sempre, la Regia è la prima squadra di Reggio. Un po’ perché questo è un anno speciale. Un po’ perché, forse, nonostante cinque mesi fa giocassero coi dilettanti, la piazza continua a coltivare un sogno concreto. Quella Serie B che da vent’anni manca. E che la società vuole riportare in città. Magari non a strettissimo giro, ma neppure fra altri vent’anni: “Per aspettative, stadio e pubblico siamo costruiti per la Serie B. È un obiettivo che qui si aspettano da troppo tempo. Sono convinto si possa fare e che ci sia anche un tessuto industriale adatto a supportarla”.
E allora in questo senso un modello può essere il Sassuolo, con cui la Reggiana condivide lo stadio. “In realtà abbiamo strutture diverse – sottolinea Quintavalli – ma è vero che il loro modello pulito può essere un riferimento anche per noi”. A proposito di Sassuolo, impossibile non spendere due parole su Squinzi: “Non ho conosciuto direttamente lui, ma i suoi collaboratori più stretti sì. In questi giorni ho fatto i complimenti a chi gli era vicino per quello che ha fatto in una vita dedicata interamente al lavoro e allo sport”.
Per comprendere l’entusiasmo che si respira intorno alla Reggiana nell’anno del suo centenario, bastano un paio di numeri. Quest’anno alla prima in A del Sassuolo c’erano più o meno 9.500 persone. Nemmeno un mese dopo, nello stesso stadio, a vedere Reggiana-Carpi – Serie C – erano più di 7.700. Roba davvero da grande squadra. O forse, semplicemente, da grande piazza. Perché a Reggio sono così: prima la Regia, poi tutto il resto. E nell’anno del centenario, ancora di più.
A cura di Lorenzo Del Papa
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