Saint-Ouen è una città operaia alle porte di Parigi. Qui batte il cuore di una delle squadre francesi con più storia alle spalle. È il Red Star FC: “Adesso siamo in terza divisione, ma questo club ha 123 anni di vita, ed è stato un punto di riferimento ai tempi dei nostri nonni. Adesso c’è il PSG, l’OM, il Lione, ma nei primi anni del calcio professionistico, in Francia, c’era il Red Star”, racconta a Gianlucadimarzio.com David Bellion. Ex attaccante di Manchester United, Bordeaux e Nizza, adesso è Brand Manager del club.
Il Red Star è stato fondato nel 1897 da Jules Rimet. Un signore illuminato che nel 1930 ebbe l’idea geniale di organizzare un torneo calcistico per le rappresentative nazionali: quel torneo che verrà chiamato ‘Mondiale’ e che ogni quattro anni continua tuttora a riempirci le estati. Convinto dell’impatto del calcio nella società, Jules Rimet decise di fondare una squadra, per diffondere i propri valori: far lavorare il corpo, tenere sveglio lo spirito. Questa l’ambizione che portò Rimet e alcuni suoi parenti e amici a fondare il Red Star. La scelta del nome è alquanto bizzarra: povero di idee originali, lo fece scegliere a Miss Jenny, la badante di suo padre, che prese spunto dalla linea di navi britanniche sulle quali viaggiava per raggiungere la Francia (lei era di nazionalità inglese), che si chiamava Red Star Line.
“Siamo un club avanguardista”, ci racconta Bellion. “Vediamo il calcio in un’altra maniera: per noi è un mezzo per diffondere cultura e valori”. Corsi di inglese, di musica, di alimentazione e persino di giornalismo. Nel ‘Red Star Lab’, il centro culturale del club, i ragazzi hanno mille opportunità, oltre al pallone: “Noi vogliamo educare i nostri ragazzi, e dar loro molto di più che l’apprendimento calcistico. Se i nostri giovani dovessero diventare calciatori professionisti noi saremmo i più felici al mondo, ma siamo consapevoli delle difficoltà nell’affermarsi oggi nel calcio. Per questo, se dovessero riuscire in altri settori grazie agli insegnamenti che gli abbiamo dato con i nostri progetti, per noi sarebbe allo stesso modo una grande vittoria”.
Progetti e ambizioni per i giovani del club, e non solo: “Da quest’anno siamo andati nelle scuole della città a insegnare la storia a bambine e bambini, presentando la nostra nuova maglia da gioco”. David Bellion ci spiega nel dettaglio: “Adidas lo scorso autunno ci ha dato carta bianca, e ho avuto il privilegio di poter ideare la nostra maglia. L’abbiamo creata ispirandoci alla carta da parati, che peraltro è di origine francese”. Si chiama ‘Toile de Jouy’, e in origine era l’unica soluzione per le classi meno abbienti per avere le pareti delle proprie case decorate, non potendosi permettere quadri e dipinti. “Con la stessa tecnica, nella maglia abbiamo fatto disegnare volti storici del nostro club, insieme a immagini più recenti dello stadio, dei tifosi e dei giocatori. C’è anche qualche tifoso che ha comprato la maglia e vi si è trovato sopra. È una cosa unica nel calcio”.
La maglia come libro aperto di storia, con foto ritraenti figure emblematiche del club: dal suo fondatore Jules Rimet fino a Rino Della Negra, bomber del Red Star negli anni Trenta. Figlio di migranti italiani, Della Negra durante la Seconda Guerra Mondiale si schierò con la Resistenza partigiana, per fronteggiare l’occupazione nazifascista in Francia. Venne poi fucilato dalla Gestapo nel 1942. Adesso continua a vivere come leggenda: la tribuna calda dello Stade Bauer, l’impianto del club, ancora oggi porta il suo nome. Oltre a Rimet e Della Negra, nella maglia c’è qualche ex giocatore del Red Star reduce dalla Prima Guerra Mondiale, o qualche attivista contro il razzismo nei periodi delle migrazioni del XX secolo. C’è anche Helenio Herrera, che ha giocato con il Red Star dal 1940 al 1942: lui la storia la scriverà poi a modo suo, allenando squadre di calcio.
Utilizzare una maglia da calcio per raccontare la storia è un modo incredibile per appassionare bambine e bambini: un progetto che ha colpito anche Lilian Thuram. L'ex stella del calcio francese ha accompagnato il Red Star nella sua iniziativa nelle scuole di Saint-Ouen, lui che vive da quelle parti e che da sempre è impegnato in progetti che legano il calcio al tessuto sociale. Bellion continua: “Siamo il club del popolo, delle banlieue. Il nostro obiettivo principale è quello di trasmettere valori sociali importanti: dovrebbe essere la missione di ogni uomo. Noi vogliamo che tra dieci, venti o cinquant’anni un bambino di oggi diventi presidente del club con i valori che gli abbiamo tramandato”.
Calcisticamente parlando, il Red Star in passato ha visto crescere talenti che ora si divertono in giro per l’Europa. E fanno parlare di sé: Moussa Sissoko, Sofiane Feghouli, Amine Harit. Per ultimo William Bianda, di proprietà della Roma, adesso in prestito allo Zulte Waregem. “Se tornassero qui per gli ultimi anni della loro carriera sarebbe magnifico. Per adesso auguriamo loro il meglio”.
Per la crescita sportiva il tempo non mancherà. Ma quando si portano avanti progetti di questo tipo si raccolgono altre vittorie, ben più importanti di quelle sul campo. I tre punti non li raccoglie la squadra, ma la società in cui viviamo tutti noi. Ogni giorno. Ed ecco perché certe storie meritano di essere raccontate. Perché il calcio, tra le altre cose, è anche passione, trasmissione di valori sani e cultura. Jules Rimet aveva compreso il vero potenziale di questo sport, e aveva creato il Red Star per questo motivo. Oggi ne sarebbe sicuramente fiero.
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