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Il Real Madrid fuori da tutto in una settimana: la caduta dei campioni

La fine del cammino in Champions, di un’intera stagione, di una grandissima era. Il Real Madrid è fuori da tutto, sconsolato da se stesso, sconfitto ma anche umiliato nella settimana più difficile della propria storia. Tutto è terminato su quella punizione di Schone, sulla parabola che scavalca Courtois e che ha messo in ginocchio tutto il madridismo che per tre anni ha comandato in Europa.

Quattro gol fanno male, malissimo. Perché uscire prima o poi è lecito ma vivere una sequenza di colpi bassi come quelli presi negli ultimi sette giorni non è da Real. Perdere speranze di Copa del Rey e di campionato, perdere due Clásicos, il primato negli scontri diretti col Barcellona e gli ottavi di Champions in soli sette giorni è lo scenario che nemmeno il più pessimista dei tifosi poteva immaginare alla vigilia di una stagione che si preannunciava difficile.

Erano quattro anni che il Real Madrid non perdeva una partita europea in casa subendo quattro gol, ma allora quantomeno fu ininfluente visto che il 3-4 dello Schalke del 2015 per quanto eroico non servì a ribaltare lo 0-2 di Gelsenkirchen.

Quell’anno a eliminare il Real ci pensò in semifinale la Juventus di Allegri, che era, almeno fino a questa sera, l’ultima squadra ad aver fatto fuori le Merengues in un turno a eliminazione diretta di Champions. Da lì in poi nove turni consecutivi superati con tre Champions e tre Mondiali portati a casa. Già il Mondiale per Club, unica consolazione di una stagione che non porterà altri trofei: perché il primo, la Supercoppa Europea, era svanito in estate e gli altri sono scappati via con largo anticipo. Rimane solo una coppa vinta in una finale con l’Al-Ain, troppo poco per chi si era viziato durante l’era Zidane.

Ma di quella squadra c’è rimasto ben poco perché oltre a chi è andato via, anche chi è rimasto lo ha fatto con un altro spirito. Keylor Navas, Marcelo e Isco sono relegati alla panchina, ognuno per i suoi motivi; Bale ha sempre in dubbio la titolarità e anche gli altri big come Carvajal e Casemiro, acciaccati dagli infortuni, stanno rendendo troppo al di sotto dello standard degli ultimi anni.

Rimangono i veri leader, Ramos e Benzema oltre a Modric più le nuove leve che lasciano buoni segnali per il futuro ma che non incidono nel presente. E Sergio Ramos è un po’ la fotografia del Real di oggi che vorrebbe essere lo stesso di ieri ma non ne ha le forze: la mente calcolatrice che pensa già avanti, ma non fa i conti con una realtà che ancora non ha detto tutto.

Al suo posto oggi ha giocato Nacho, emblema della disfatta con il rosso finale. Fuori prima della fine, come il Real stesso del resto. La squadra che ha dominato il mondo fuori da tutto a inizio marzo, lo scenario più cupo per la caduta dei campioni.

Simone Gamberini

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