Ventuno, vittoria, grande baldoria. Come fosse blackjack, il Barcellona fa saltare il banco al Bernabeu. Soffre per cinquanta minuti, poi in 21 minuti ribalta il destino della semifinale di Copa del Rey. Al Real bastava uno 0-0 per passare, ai blaugrana sono bastati due morsi e mezzo di Luis Suarez sul Clasico per infliggere un altro dolore a Bale e compagni.
Il tabellone alla fine dice 0-3, il secondo rimediato da Solari sotto la sua gestione. Ma se quello contro il CSKA non aveva lasciato alcuna traccia, questo fa malissimo. Nove punti di ritardo nella Liga, il confronto diretto nuovamente al Bernabeu tra 72 ore e la brutta sensazione di arrivarci con un misero 2-9 nei primi tre scontri stagionali.
In campionato al Camp Nou, senza Messi, era finita 5-1 per il Barca. Nella semifinale di andata, ancora senza Leo, il Real aveva portato a casa un pareggio che profumava di ipoteca sulla finale. E invece per la sesta volta consecutiva, l’ultimo atto lo giocheranno i catalani. Nessuno ci era mai riuscito in Spagna.
Al Bernabeu la Pulce è tornata, ma non ha avuto bisogno di ripetere le magie del weekend andaluso. Ci ha pensato il suo amico Luis.
Nove gol in dodici partite. Questo era lo score di Suarez prima di entrare al Bernabeu per il suo tredicesimo Clasico. Al Camp Nou, a fine ottobre, si era portato a casa il pallone. Nella prima semifinale non aveva colpito. A Madrid, per un tempo, ha preso le misure. Ha visto da lontano il suo portiere Ter Staegen salvare un paio di volte su Vinicius e Benzema. Poi al 51’ ha strozzato l’avversario. Assist di Dembelé, primo vero pallone toccato dal pistolero e destro alle spalle di Navas. Qualificazione ribaltata, assalto del Real, nuove prodezze del portiere tedesco e tanti spazi in contropiede. Quelli perfetti per giustiziare Solari.
Dembelé scappa e mette in mezzo. Varane ha Suarez addosso. Lo anticipa e segna nella sua porta. Titoli di coda con un quarto di partita da giocare. Bernabeu e Real sotto shock. Tre minuti dopo Casemiro stende Suarez: rigore.
Barcellona ride, Madrid piange. Ma una luce brilla fra le lacrime. È quella di un ragazzo diciottenne capace di illuminare il buio della stagione madridista. Florentino Perez l’ha pagato 45 milioni dal Flamengo e il brasiliano ha già fatto capire la bontà dell’investimento. Un gol nel suo primo scontro al Camp Nou dopo mesi di apprendistato, una presenza sempre più incisiva in squadra e la conferma nella serata più difficile. Per 70 minuti Vinicius è stato il migliore in campo: fughe, giocate sopraffine, dribbling.
La freschezza della gioventù, la maturità tecnica di un campione. Non sotto porta, ma è nato il 12 luglio del 2000. E il pubblico più esigente del mondo, disperatamente a caccia di eroi dopo la partenza di CR7, l’ha già adottato. L’ovazione sullo 0-3 al momento della sostituzione rappresenta un’investitura nella notte più difficile. Meno di un mese fa ha segnato il suo primo gol in Liga. Nello stesso mese in cui ha segnato anche per la prima volta contro un avversario che raggiunge per la quarantunesima volta la finale di Coppa.
Trenta volte hanno portato a casa il trofeo. Nell’eterno confronto, oggi sembrano molto più avanti del Real. Ma in una stagione buia, con l’incubo “zero titoli”, si è accesa una luce. Ha il numero 28 e 19 anni a luglio. È nato a São Gonçalo quando Messi arrivava a Barcellona. Forse, con quell’inattesa standing ovation, è nata una nuova stella. Sabato arriva presto. Il Clasico sa già di nuovo.
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