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Raspadori: “Dopo l’esordio non ho dormito. Essere qui un sogno”

Forse ha colto di sorpresa qualcuno la sua chiamata in Nazionale di Roberto Mancini, ma le prestazioni di Giacomo Raspadori non sono passate inosservate nemmeno al ct dell’Italia. Lui d’altronde l’aveva detto che avrebbe fatto di tutto per esserci. Dopo l’emozione della convocazione per l’Europeo quella per l’esordio in Nazionale maggiore. 

L’emozione dell’esordio

 

 

Quindici minuti in campo con la maglia azzurra bastano per emozionare, come ha raccontato a RaiSport Raspadori: “Dormire è stato difficile, sicuramente è stata un’emozione grande, fortissima perché soprattutto è arrivata nella mia città, davanti alla mia famiglia che per fortuna era lì a vedermi, e veramente è stata una cosa incredibile”.

Il paragone a Pablito e i ringraziamenti a Mancini

Il paragone con Paolo Rossi è tanta roba. Sarebbe davvero bellissimo fare come lui ma per me già essere qui è un sogno realizzato e ne sono orgoglioso. Ringrazio il ct Mancini per questa opportunità, sono veramente senza parole” ha poi aggiunto Raspadori a Sportmediaset, mentre a RaiSport ha poi continuato spiegando il perché Mancini possa averlo chiamato: “Non saprei, forse perché per caratteristiche fisiche e tecniche sono diverso dagli altri che ci sono. Non smetterò mai di ringraziarlo”. 

Il legame con lo spogliatoio azzurro

 

 

Lo spogliatoio della Nazionale poi l’ha festeggiato, ma con un monito, rispettare il rito che ogni esordiente deve seguire: “I compagni mi hanno fatto i complimenti, mi hanno detto che sicuramente nei prossimi giorni dovrò portare lo champagne di rito, e sono stati contenti per me. Per un ragazzo giovane vedere i compagni più grandi essere contenti per te è veramente bellissimo. Tanti sogni si sono realizzati ma credo che la grande forza sia prendere tutto come punto di partenza, di non fermarsi e non sentirsi arrivati”.

I pensieri dopo l’esordio

Il primo pensiero però è stato un altro: “Ai miei genitori e ai miei nonni: hanno fatto tantissimi sacrifici perché sono sempre stati pronti ad assecondare la passione mia e di mio fratello. Bisognava fare la spola fra Bologna e Sassuolo andando avanti ed indietro, non era facile. Ma ci hanno sempre assecondato”. Poi il pensiero va al Sassuolo, la società che ha sempre creduto in lui e di cui ha anche indossato la fascia da capitano: “Sicuramente la mia fortuna è stata quella di crescere in un ambiente come quello del Sassuolo che ha una grande attenzione per i giovani e prima di tutto per le persone che per i calciatori. Devo ringraziare prima di tutto tutti gli allenatori che ho avuto, tutti i direttori sportivi che ho avuto, da Gianni Soli a Fattori a Palmieri che c’è ancora adesso, a tutti quelli della prima squadra e a mister De Zerbi che mi hanno dato tante opportunità che penso per un ragazzo giovane sia la cosa di cui ci sia più bisogno”.

La maglia di Dybala

 

 

Una fiducia che gli ha permesso di calcare i campi della Serie A con continuità e qualche sfizio (oltre ai gol segnati) se l’è levato. Su tutti, Raspadori racconta come sono andate le cose quando si è scambiato la maglietta con Dybala: “Era una delle prime volte che andavo con la prima squadra, sono un ragazzo timido, riservato, e quando sono sul campo mi lascio andare. Mi trovavo sul campo con lui e mi sono detto: “Non posso non chiedergliela la maglia”, perché l’ho sempre ammirato. Sono andato, lui è stato gentilissimo, e la cosa che più mi ha colpito è che se non gli lasciavo la maglia, che mi chiese, probabilmente non sapeva neanche chi fossi. È un gesto che mi ricorderò per sempre”. Nel giro di due anni Raspadori è passato dal campionato Primavera 1 alla Nazionale maggiore, un passo da gigante per un attaccante atipico che conta sui suoi 172 centimetri.

Redazione

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