A poche settimane di distanza dall’addio al calcio come allenatore di squadre di club, Claudio Ranieri è stato ospite al Festival organizzato dalla Lega Serie A.
Poche settimane dopo il suo ritiro da allenatore di club, l’ex Cagliari ha parlato di diversi temi, raccontando aneddoti della sua carriera.
Ranieri ha cominciato con qualche battuta e considerazione sulla sua carriera: “Se avessi avuto qualche buon agente, un parente che mi desse una mano, avrei anche potuto fare anche qualcosa in più… Mi sono sempre adattato alle diverse realtà, l’allenatore che non ha possibilità di scegliere deve farlo con tutto. In alcune squadre non ho potuto scegliere, quello c’era e con quello dovevi lavorare, rendendo al massimo. Prima di tutto mi sono divertito, moltissimo: per esempio non sapevo lo spagnolo, l’inglese, il francese, ho dovuto impararli“.
Sulla Premier League vinta con il Leicester: “Ero arrivato lì con una squadra che si era salvata nell’ultimo mese. Mi studiai tutta la rosa, vidi cinque-sei partite. Avevo tanta voglia di tornare in Inghilterra, e cambiai diverse cose, per esempio il modulo, dal 3-5-2 al 4-4-2. Strada facendo riuscii a inserire giocatori che erano entrati in forma, anche Kanté“. Poi un aneddoto: “Bocelli mi chiamò prima di Pasqua, mi disse che stavamo facendo una cosa eccezionale e che voleva venire a cantare da noi“. La partita più memorabile della carriera? “Il 3-1 con il Leicester contro il Manchester City. Ma quelle che non mi hanno fatto dormire la notte sono quelle del Cagliari di quest’anno“.
E proprio sulla stagione vissuta con il Cagliari: “Avevo dei giocatori magnifici, non ho mai dovuto rimproverarli in allenamento perché andavano a tremila all’ora. Ma in partita non rendevano, forse erano convinti che per il solo fatto che ci fossi io in panchina si sarebbero salvati. Dopo la sconfitta con la Lazio ho detto ai collaboratori che me ne sarei andato. Ho parlato coi giocatori, ho detto loro che avrebbero avuto bisogno di un elettroshock. In due-tre e altri si sono alzati e mi hanno detto di rimanere, e gli altri a seguire. Non era una mossa preordinata, io non so fingere“.
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