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L’anno zero di Rafael Leao: “A scuola imbattibile ma timido. E quella doppietta allo Sporting a otto anni…”

Va bene, ci sono. Ma chiedi a mia mamma prima”. È cominciata con questa frase la carriera calcistica di Rafael Leao. Certo, quel ragazzino di appena sette anni forse non si sarebbe mai immaginato un giorno di giocare per il Milan, vincere uno scudetto e segnare una doppietta nel derby. 

Ma riavvolgiamo il nastro. Siamo nel sud del Portogallo, Seixal, 2007: alle scuole elementari Quinta do Conde nel distretto di (in Italia diremmo in provincia di) Setúbal, Edgar Santos, di un anno più piccolo di Rafa, nota un bambino che con il pallone ci sa fare eccome: “Mio papà faceva il ‘team manager’ per una piccola squadra e mi chiedeva sempre se avessi amici che volessero unirsi. Beh, giocavamo tutte le settimane contro la sua classe e indovinate come andava a finire…”. 

Edgar con Rafael Leao durante le riprese di un spot commerciale

È lui! È lui il bambino che ti dicevo!”: il primo incontro

Luis, il padre, lavorava all’Amora FC, club che oggi milita nella Serie C portoghese, e un giorno prima di partire per il solito allenamento, Edgar gli fa notare che nel parco dietro casa c’è proprio Rafa: “È lui! È lui il bambino che ti dicevo!”. 

Lo stesso Luis ha raccontato quella scena ai microfoni di gianlucadimarzio.com: “Mi sono avvicinato e gli ho chiesto se giocasse già da qualche parte. Risposta negativa e allora gli ho proposto di venire all’Amora. ‘Sì, ma chiedi a mia mamma prima’ mi ha detto. Poi ho scoperto che in quel periodo lui e la sua famiglia si stavano trasferendo nello stesso condominio in cui abito al quartiere Correr D’Água, quindi, è stato facile parlare con i genitori e prendere una decisione. All’epoca non avevano ancora l’età per fare partite ufficiali ma l’allenatore Pedro Sobral organizzava tantissimi tornei per preparare la squadra alla stagione successiva”.

Timidezza, pigrizia e quella doppietta allo Sporting…

Pedro Sobral, ex coach di futsal premiato nel 2005 come allenatore dell’anno, è passato al fútbol e ancora oggi nelle sue parole si percepisce l’orgoglio di aver fatto muovere i primi passi a uno come Rafael Leao: “L’ho allenato per qualche mese. Era timido ma si lamentava sempre perché insistevo con lui negli allenamenti: ma andava fatto, aveva davvero un potenziale pazzesco. Un torneo l’abbiamo vinto in finale 3-1 contro lo Sporting, lui fece una doppietta. Prima di andare allo Sporting è passato dal Foot 21, squadra il cui presidente Armando Carneiro sarebbe diventato uno dei responsabili del settore giovanili del Benfica”.

 

Sulla destra in alto Pedro Sobral, al suo fianco Luis Santos

Ma come per i suoi primi gol, il destino ha voluto che fosse lo Sporting il suo primo grande club in Portogallo, in cui avrebbe potuto incrociare di nuovo Sobral: “Ero tra i favoriti per entrare tra gli allenatori dell’Academy ma per alcuni problemi finanziari non mi hanno preso e da lì a poco ho mollato il calcio. Dopo quella finale Rafa non l’ho più visto, ma incrociai suo padre per strada che mi disse del suo importante trasferimento, ma non ne rimasi affatto sorpreso: era davvero forte”.

Oggi Edgar, invece, allena i bambini del Seixal con un fresco patentino UEFA C mentre Luis aiuta ancora l’Amora FC e quando Rafa torna in Portogallo passa sempre a salutarli. Ma chissà come sarebbero cambiate le cose se la mamma di Rafa avesse detto no quel giorno… 

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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