C’è sempre un feeling speciale quello tra allenatore e attaccante. Bomber, per la precisione. In una inconscia dipendenza l’uno dall’altro. Paolo Pulici e Gigi Radice e quello storico Torino del 1976. “Prima di una partita – racconta Pulici sulle colonne de La Gazzetta dello Sport – Radice venne da me e appoggiò la sua fronte sulla mia. Non una testata, ma una trasmissione di pensieri, di volontà, sicurezza. Fronte contro fronte. Era un rito che facevamo io e lui, solo io e lui, una vicinanza di cervelli, un modo di dire “io e te ci capiamo”. Da quella prima volta lo facemmo sempre. Ogni partita e prima di entrare in campo”.
Ecco chi era Radice, l’uomo del calcio totale, “calcisticamente era un innovatore: anni e anni dopo dissero che Arrigo Sacchi aveva inventato un certo tipo di calcio ma il pressing, il marchio olandese, totale, ce l’avevamo già noi dieci anni prima”. E anche di un’apertura mentale nuova nel calcio anni 70, “Radice era avanti a tutti anche quando portò le mogli in ritiro: pareva una bestemmia, lui se ne fregò e lo fece”. Ma su tutti “Gigi mi era vicino come un papà – conclude Pulici -: è soprattutto grazie a lui se sono diventato quel che sono e se quel Torino di grandi giocatori e uomini è diventato importante“.
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