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Prima la maglia, poi la teoria. Ora la pratica, in panchina. Di Francesco-Roma è una storia ancora da scrivere

Roma-Sassuolo andata e ritorno. Era forse scritto negli astri di Eusebio Di Francesco che la sua storia con la Roma avrebbe avuto un percorso circolare. “Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano”, citazione Vendittiana usata e spesso abusata. Ma per Eusebio il rapporto con i colori giallorossi è qualcosa che va oltre il concetto di “ex”. Per lui ha rappresentato tanto in carriera. Forse tutto. L’apice da calciatore, con la vittoria dello Scudetto e la conquista della Nazionale. Ma anche l’inizio della carriera extra campo, dopo il ritiro dal calcio giocato con la maglia del Perugia ed un futuro che gli poneva troppe domande senza risposta. Quella giusta gliela diede Franco Sensi, offrendogli a scatola chiusa il ruolo da team manager. Un anno a stretto contatto proprio con Spalletti e poi l’addio. “Questo ruolo non fa per me, voglio allenare” e da lì l’ascesa. Lanciano, Pescara, Lecce e Sassuolo (due volte).

Oggi, a distanza di 11 anni dall’addio, il ritorno. Nel ruolo più importante: allenatore della Roma. È lui il dopo-Spalletti, in un naturale passaggio di consegne tra due vecchi amici, divenuti poi collaboratori e ora colleghi. Il passato e il futuro, intrecciato a maglie strette, quasi confuso per le similitudini tra i due. Allievo e maestro, forse esagerando un po’. Ma non è un segreto che la prima formazione da allenatore Eusebio l’abbia ricevuta proprio da Spalletti. “Mi suggeriva la tattica e i giocatori da schierare” disse l’allenatore di Certaldo ricordando l’annata vissuta gomito a gomito…

Tre ruoli per due colori. Praticamente un filo conduttore continuo nella carriera di Di Francesco. Ed Eusebio è uno che non dimentica: “La Roma suscita in me grandi emozioni. Ho vissuto momenti indimenticabili”, ammise la prima volta da ex. Era il 2011, perse 2-1 con il suo Lecce, ma i colori giallorossi erano ancora vivi sulla sua pelle. Da oggi, giorno dell’ufficialità come nuovo allenatore, tutto questo dovrà scomparire. Emozioni e sentimenti dovranno lasciare spazio ad una freddezza quasi ascetica, fondamentale in una piazza come Roma. Scacciare via tutto quello che lo possa distrarre dalla (ennesima) esperienza più importante in carriera.

A Trigoria non avrà appigli con il passato. Con l’addio di Totti, probabilmente l’unico ricordo della “sua” Roma sarà De Rossi. Presidenza americana, dirigenza italo-spagnola e calciatori tutti nuovi. La condizione migliore per iniziare un nuovo ciclo. Senza che nessuno abbia rimpianti per quel che è stato e non è più. L’erba del vicino (di Appiano Gentile) forse all’inizio sembrerà più verde, ma Di Francesco chiede una cosa sola: fiducia. È stato scelto per quanto dimostrato negli anni in Emilia, perchè conosce la piazza e per l’ottima proposta di calcio offerta dalle sue squadre. Qualità e risultati. Questo gli si chiede. E lui questo porterà. Per ribadire ancora una volta: “Sono Eusebio Di Francesco, la seconda scelta di nessuno. Merito di allenare la Roma”.

Marco Juric

Aspirante scriba, si avvicina al calcio giocato grazie alla chioma fluente di Giovanni Cervone. Folgorato dalla prima autobiografia di Roy Keane, non si innamora del Manchester United, ma del Nottingham Forest. Dopo i primi trent’anni di osservazione partecipante, ha deciso di passare gli altri trenta che gli rimangono a scriverne.

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