Da giorni la notizia principale è quella della morte della Regina Elisabetta II. Con la firma e il discorso del nuovo Re Carlo, in Inghilterra ha inizio un nuovo percorso monarchico dopo i 70 anni di regno di “Her Majesty”. La scomparsa di Elisabetta II ha inevitabilmente toccato lo sport e il calcio con il piano “London Bridge is down”, il programma cerimoniale per la morte della sovrana.
Infatti nelle coppe europee, è stata rinviata Arsenal-PSV e la Premier League, dopo aver saltato un turno, ripartirà da venerdì 17 settembre. Campionato inglese che dunque torna in campo dopo il lutto fatta eccezione per tre partite: Chelsea-Liverpool, Manchester United-Leeds, Brighton-Crystal Palace. Un protocollo che però non era stata attuato con l’ultima morte di un re d’Inghilterra, ovvero il padre di Elisabetta II, Giorgio VI.
Il sovrano muore il 6 febbraio del 1952 a Sandringham House e anche in quel caso è stato istituito il lutto nazionale, ma la First Division (l’attuale Premier League) continua comunque a giocare. Infatti se le partite di rugby e hockey sono state sospese, il campionato inglese prosegue con la trentesima giornata della stagione 1951/1952 appena tre giorni dopo l’annuncio della morte del Re. Solo a Londra, centro nevralgico dei funerali reali anche a quel tempo, si giocarono ben tre partite, tra Fulham-Newcastle, Charlton Athletic-Bolton Wanderers e il derby Tottenham-Arsenal.
Partite che sono continuate ma sempre nel massimo rispetto, con il minuto di silenzio prima del fischio d’inizio su ogni campo e con i tifosi che hanno intonato cori solo per rendere omaggio al Re.
Dopo quella giornata, il Manchester United era in vetta alla classifica e dopo qualche mese ha vinto il suo terzo campionato (e pensare che ora sono a quota 20). Con 33 gol è stata la bandiera del Newcastle Jorge “George” Robledo a vincere la classifica marcatori. Un risultato storico dato che il cileno è stato il primo giocatore nato fuori dal Regno Unito a vincere il titolo di capocannoniere.
Gli anni passano e i protocolli cambiano, ma il calcio, che si fermi o no, sarà sempre nel cuore deigli inglesi, anche più della Corona.
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