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Tuchel ricomincia dal Wolverhampton: dove tutto è iniziato

Il 29 dicembre del 2020, poco meno di un anno fa, Thomas Tuchel veniva esonerato dal Paris Saint-Germain. Un regalo di Natale “sui generis”. Chi avrebbe immaginato che di lì a 5 mesi avrebbe sollevato la Champions League, alla guida del Chelsea?

Tuchel ha trascorso poco tempo lontano dalle panchine: dopo l’esonero di Lampard, Abramovich e Marina Granovskaia individuarono in lui l’uomo del rilancio. 

Il rilancio

Tuchel in maggio sarebbe diventato il secondo allenatore a vincere la Champions League alla guida del Chelsea. Curiosamente, anche il suo predecessore, Roberto di Matteo, era subentrato a stagione in corso, nell’anno di grazia 2012. In pochissimi mesi, l’allenatore tedesco ex Dortmund ha rivoltato come un calzino una squadra depressa e sfiduciata, portandola a battere, e nettamente, il Real Madrid di Zidane in semifinale. Tra le chiavi del successo, il passaggio alla difesa a 3 e il recupero alla causa di uomini chiave come il capitano Azpilicueta e il terzino Alonso, in rotta di collisione con Lampard. 

 

 

A 4 punti dalla vetta

La blindatura della difesa è stata proprio la prima mossa compiuta al suo arrivo. Il Chelsea affrontava a Stamford Bridge il Wolverhampton. Terminò 0-0, un risultato che sul momento non esaltò certo i tifosi blues, ma che era il primo passo verso la rinascita. Per un allenatore il cui motto è “l’apprendimento eterno è la caratteristica dello sport di alto livello“, quella partita, di appena un giorno successiva alla firma del contratto, non poteva essere che una buona occasione per la prima “lezione“. Oggi Tuchel e il Wolverhampton si reincontrano, questa volta allo stadio Molineux. Sarà una partita in cui il Chelsea dovrà riscattare il pareggio casalingo contro l’Everton, che lo ha allontanato dalla vetta: ora il City guida a 4 punti di distacco. Ma il Chelsea è pronto alla prossima lezione, contro l’avversario da cui tutto è cominciato.

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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