Fabio Pisacane (IMAGO)
I primi mesi da allenatore di Serie A: il racconto di Fabio Pisacane in un’intervista a Il Corriere dello Sport.
Nuova esperienza ma vecchie sensazioni. I primi mesi di Fabio Pisacane sulla panchina del Cagliari si colorano di tratti nuovi ma allo stesso tempo noti, visto il tanto tempo già passato in Sardegna da calciatore. Dopo le prime settimane l’allenatore spiega in un’intervista a Il Corriere dello Sport le sue emozioni.
Subito un commento sulla prossima sfida del suo Cagliari, contro il Genoa: “Un tasto sentimentale, una partita particolare: all’ospedale San Paolo di Savona devo tutto, è dal Genoa che sono partito ed è a Marassi che ho giocato la mia centesima in A. È contro la Samp, a Genova, che ho guidato per la prima volta la Primavera del Cagliari da allenatore di ruolo. In quella città ho imparato tanto: i primi sogni, la forza del leone quando arrivai da una scuola calcio di Napoli, il dolore. C’è tanto dentro. Oggi la vivo con più equilibrio”.
Poi sui primi mesi da allenatore dei rossoblù: “Una responsabilità doppia. In undici giornate ho già sfidato tre allenatori scudettati: Conte, Sarri, Pioli. Mi mancano Allegri e Spalletti. Ogni volta non è un confronto con il loro nome, ma con il loro valore: sento di vivere qualcosa che ho meritato, non è fortuna o casualità anche con soli due anni di Primavera alle spalle. Con i giovani è più complesso, credetemi: bisogna studiare le generazioni, il calcio è cambiato come la vita. È in evoluzione. Ma restano i valori, innanzitutto il rispetto”.
Sull’avvio di campionato dichiara: “Il Cagliari è la terza più giovane per media d’età dei giocatori utilizzati, eppure abbiamo sbagliato solo la partita con il Sassuolo. Fiducia nei giovani, senza protezione eccessiva, e la guida di qualche “vecchio” giusto come Mina, Luperto, Deiola, Pavoletti. Non abbiamo ancora tirato fuori tutto il nostro potenziale tra infortuni e condizione, ma mica si può fare in tre mesi. Oltre la vittoria, bisogna crescere ogni volta: l’obiettivo è questo”. Di seguito l’intervista completa.
Su Palestra, arrivato in prestito dall’Atalanta: “Ha prospettive importanti, ma il calcio è una fabbrica di illusi: ora è sulla bocca di tanti ma deve rimanere se stesso e lavorare più di quanto non stia facendo. La base fa ben sperare, ma deve farne di strada. Il Cagliari ha altri giovani importanti che devono ragionare come deve fare Marco: Obert viene dal settore, Idrissi dall’Academy, Prati ha talento. Davanti hanno un grande futuro“.
Sui miglioramenti di Caprile aggiunge: “Elia è un leader, ha talento e personalità. La meritava. È un grande lavoratore, molto attento ai dettagli, arriva per primo e va via per ultimo. Deve continuare così. È un enorme piacere essere parte di questo suo percorso di crescita”.
Infine, Su Mina: “È un giocatore simbolo per carisma e voglia di combattere. È brutto che sia stato messo alla gogna mediatica: in passato c’erano giocatori violenti sul serio, tra morsi, testate e interventi durissimi, e allora perché non dire che il nervosismo di Morata nasce dall’incrocio con un campione? Yerry vive una partita nella partita con mestiere ma senza violenza. Quello che sta accadendo con lui, oggi, è un’offesa al Var. Non vorrei che gli fosse impedito di giocare le sue partite come ha sempre fatto”.
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