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Il Pisa in Serie A: il sogno atteso trentaquattro anni è diventato realtà

La squadra nerazzurra torna in massima serie. Città in festa per un traguardo storico

Ci sono successi sportivi che valicano le linee tratteggiate di un campo, si instaurano nella mente, nel cuore di un popolo. Diventa folclore, memoria collettiva, epica. Questo è il caso del Pisa, tornato in Serie A trentaquattro anni dopo l’ultima volta. Pisa di storia se ne intende: Repubblica Marinara, sede dell’Università Normale, città che ha dato i natali a Galileo Galilei, ma sembra che una nuova pagina sia stata scritta.

All’ombra della celebre Torre Pendente l’ultima promozione in massima serie era arrivata nel 1991. Era un’altra Italia, un altro mondo. Una promozione storica nella storia di un popolo che in quanto a storia già è colmo. E come ogni racconto epico degno di tale nome, c’è bisogno di un eroe. E quello di questa impresa non può non essere Pippo Inzaghi.

Pippo è tornato a essere “Super”. Perché ciò che ha compiuto alla guida del Pisa è  stato un lavoro tanto sportivo quanto sociale, iniziato prima con il bisogno di riappacificare popolo e squadra, sviluppato poi con la creazione di un’identità nei propri ragazzi, perché il Pisa è stato riconoscibile ovunque è andato. Esportando le proprie caratteristiche, esaltandole, senza mai piegarsi agli avversari. “Probabilmente ci hanno sottovalutato” intimò l’allenatore a inizio stagione.

Risvegliare l’animo di un popolo definito da Dante “Vituperio delle genti” (Inferno, Canto XXXIII), termine inizialmente dispregiativo, di cui invece i pisani si sono appropriati con orgoglio. Obiettivo? Raggiunto.

Ogni dichiarazione mirata. Quell’obiettivo playoff, che poi si è tramutato in un “sogno”, poi sempre più avvicinato a essere un traguardo da conquistare. E a ogni piccolo passo un abbraccio incredibile con la propria gente: emblematici i settemila in trasferta al Mapei per la sfida con il Sassuolo, ma anche la folla di tifosi al rientro delle trasferte di Cosenza e Brescia. Sempre con una consapevolezza: “Nessuno ci regala niente”.

Adesso il Pisa di Inzaghi è entrato prepotentemente nella storia della città e vivrà nei racconti dei presenti e passeranno di generazione in generazione, così come accade proprio per… i miti.
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La solidità societaria dietro ai successi del Pisa

Un traguardo epico, ma cercato da tempo, quello del Pisa. La Serie A era stata sfiorata con un dito nel 2022, prima che Gytkjaer segnasse una doppietta nella finale playoff decretando la promozione del Monza. Poi due esclusioni dalle prime posizioni che mandarono in depressione l’ambiente, ma non le ambizioni societarie.

Grande merito da conferire alla famiglia Corrado, che nel dicembre del 2016 prelevò il Pisa, conferendole una stabilità che mancava da anni nella città toscana, ottenendo la promozione in B nel 2019 e riuscendo a mantenere, senza mai il rischio di retrocedere, la categoria in tutte queste stagioni. Un passettino alla volta. Nel 2021, l’ulteriore salto di qualità, con la cessione ad Alexander Knaster, divenuto nuovo patron, con Giuseppe Corrado rimasto presidente e il figlio, Giovanni, direttore generale.

Con la nuova proprietà, il Pisa vuole ritagliarsi un ruolo di spicco nel panorama calcistico italiano. A febbraio sono iniziati i lavori del Pisa Training Centre, il nuovo centro sportivo che sorgerà a pochi kilometri di distanza dalla celebre Piazza dei Miracoli, diventando il nuovo quartier generale della squadra nerazzurra, definito dal presidente Corrado: “Il nostro impegno per costruire un futuro in cui essere sempre più fieri di essere Pisani”.

Un gruppo più che una squadra

Non ho mai visto un gruppo così” ha dichiarato più e più volte nel corso della stagione Inzaghi. Una rosa profonda, che ha saputo sopperire ai gravi infortuni di due pedine chiave quali Esteves e Leris, guidata da capitan Antonio Caracciolo e da Marius Marin, l’unico reduce dalla Serie C, ma che ha visto tantissimi leader, come Canestrelli, Calabresi, Moreo. O leader tecnici, come Matteo Tramoni, diventato l’uomo copertina di questa squadra.

Un gruppo eterogeneo anche per quanto riguarda le nazionalità. Oltre agli italiani, protagonisti i quattro danesi (Lind, Abildgaard, Hojholt e Meister), o i tre rumeni (Marin, Morutan e Rus). Ma ogni giocatore ha saputo rivelarsi decisivo, senza gelosie, nonostante le concorrenze per i ruoli (come quella tra Angori Sernicola sulla sinistra, o tra Rus, Calabresi e Bonfanti per il ruolo in difesa). Un successo del collettivo, che ha registrato il maggior numero di vittorie della storia del club in categoria, oltre ad aver riempito la Cetilar Arena con numeri che non si vedevano dagli anni del “Presidentissimo” (così è noto) Romeo Anconetani e facendo rivivere le emozioni di quegli anni. Rievocare nel presente emozioni storiche, per scrivere un futuro, se possibile ancora migliore.

Lorenzo Vero

Nato all’ombra della Torre Pendente nel giugno del 2000 e studente di Informatica Umanistica. Bastian contrario per natura, ho iniziato a seguire il calcio perché ai miei genitori non piaceva. Sin da quando ero un bambino riempio la testa dei miei amici con aneddoti calcistici di ogni genere. Con gli anni, assieme alla barba, è cresciuta anche la mia passione per questo gioco. L’obiettivo adesso è quello di raccontare in modo veritiero (con il cognome che mi ritrovo…) e appassionante anche la meno appetibile delle partite.

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