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Fisico, sacrificio, senso della lotta: il Perugia sogna in grande con De Luca

Nel Perugia che si sta confermando come sorpresa del campionato di Serie B c’è un protagonista indiscusso, che si sta rivelando uno degli attaccanti più promettenti del panorama nazionale. 

Si tratta di Manuel De Luca, numero 9 classe 1998 che lo scorso sabato ha firmato la netta vittoria del “Grifo” contro il Frosinone, mettendo a segno una doppietta e risolvendo uno scontro diretto che avrebbe potuto consentire ai laziali di portarsi in zona promozione e invece avvicina il Perugia ai playoff (ora è ottavo, a 34 punti, meno tre dallo stesso Frosinone). 

La prima rete è arrivata a porta vuota, su un clamoroso pasticcio della difesa avversaria, un’incomprensione fra Szyminski e il portiere Ravaglia che ha consentito al ventitreenne bolzanino di realizzare indisturbato il tap-in che ha aperto le marcature. Poi l’esultanza, a braccia aperte, sotto alla curva dei tifosi perugini in festa al Curi. Un festeggiamento diverso è quella scelto da De Luca per celebrare il 3-0, sigillo finale alla vittoria, arrivato all’89’ minuto: un cuore mostrato alla telecamera per una dedica speciale. Il gol in questo caso era arrivato dopo un movimento da manuale del perfetto centravanti, un inserimento alle spalle dei difensori, seguito da una impeccabile conclusione all’angolino. Fiuto, senso della posizione, potenza: un numero 9 fatto e finito. 

 

 

In queste due esultanze c’è tutto il De Luca calciatore e uomo: la strabordanza fisica, l’arroganza necessaria per qualsiasi centravanti, ma anche la leggerezza del ventenne, e la sensibilità di un ragazzo che non ha paura di mostrare al mondo i suoi sentimenti, come quando, in coda a un periodo di difficoltà, anche realizzativa, scoppiò in lacrime dopo un gol segnato con la maglia dell’Entella. Un rapporto altalentante con la rete, il suo. Almeno prima di quest’anno, in cui l’attaccante bolzanino si sta assestando su medie del tutto inedite per la sua carriera: sono 7 reti in 17 match, quasi un gol ogni due partite. La fiducia accordatagli da Alvini sta facendo la differenza, instillando in Manuel una sicurezza nei propri mezzi che fino a questo momento gli era mancata. 

 

Dall’Inter al Torino

De Luca è cresciuto nel settore giovanile dell’Inter, prima di trasferirsi in quello del Torino. Coi granata arriva anche l’esordio in prima squadra, in un derby di Coppa Italia allo Stadium. Un turning point a cui De Luca non ha fatto seguire lo sviluppo atteso, la crescita vertiginosa auspicata e pronosticata da chi ne conosceva le qualità. C’è da ammettere che nella vicenda calcistica di De Luca anche la sfortuna ha avuto un ruolo non indifferente: a Verona, per esempio, sponda Chievo, lì dove finalmente stava trovando la continuità mai avuta, l’avventura si conclude dopo una sola stagione a causa del fallimento del club. Ma, come si suol dire, chiusa una porta si apre un portone: la Sampdoria approfitta dell’occasione a buon mercato e si aggiudica De Luca a parametro zero. Poi i blucerchiati preferiscono mandarlo a giocare, di nuovo in B, questa volta a Perugia. Qui si integra bene nel calcio razionale ed efficace di Alvini, e guadagna ben presto la titolarità. A cambiare è semmai il partner d’attacco, ma De Luca resta lì, fisso, al centro dell’attacco e del progetto. 

 

Fisico, sacrificio, lotta

Per De Luca Andrea Camplone, vecchia gloria perugina e allenatore del Grifo in due riprese successive, ha speso parole importanti: “è un giocatore che mi ha impressionato, quando l’ho visto dal vivo: è fisico, lotta, si fa in quattro, e poi la butta dentro ogni volta che può”. Fisico, sacrificio, spirito incline alla lotta: caratteristiche che ne fanno un mix fra il prototipo dell’attaccante tradizionale e quello dell’attaccante moderno. Un po’ Vieri, un po’ Vlahovic. De Luca ha avuto anche la forza morale di rialzarsi dopo un altro turning point potenziale, di nuovo in un derby, questa volta contro la Ternana: il rigore parato da Iannarilli che però non ha arrestato, bensì rafforzato le ambizioni del centravanti Chissà che un giorno, più o meno lontano, anche la nazionale italiana, in un periodo di sorprendente aridità sul fronte offensivo, possa affidarsi al bomber bolzanino. Magari affiancandolo a Pinamonti, anche lui prodotto delle giovanili nerazzurre e in un momento di gran spolvero in cui sta consolidandosi come una delle realtà del nostro campionato. Ma prima c’è da traghettare il Perugia verso un playoff che a inizio stagione forse non era nemmeno contemplato. 

Andrea Monforte

Classe 2000, monzese (d’adozione), studio Lettere a Milano. Un’indomita ed ereditaria passione per lo sport (calcio, ovviamente, ma anche ciclismo), declinata in “narrazione” tecnica e sentimentale: la critica della complessità come antidoto alla semplificazione. La vaghezza del ricordo personale ha reso l’azzurro del cielo di Berlino 2006 un’indelebile traccia mitologica. Sono nato lo stesso giorno di Ryan Giggs e di Manuel Lazzari, ma resto umile.

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