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Pepito Rossi a cuore aperto: “Ero dietro solo a Messi e CR7. Sono stato vicino a Barça e Juve”

Sapete da dove viene il soprannome Pepito? Fu Enzo Bearzot a darglielo. Il motivo è semplice: gli ricordava un altro Rossi, un certo Pablito. Quel tipo di talento, il senso del gol da grande giocatore, la capacità di segnare in mille modi. Ecco, Giuseppe è stato tutto ciò: una ventata di aria fresca che nel calcio italiano iniziava a mancare. È stato per qualche anno sul tetto d’Europa, ma a frenarlo ci hanno sempre pensato quei maledetti problemi fisici: “Fa ancora male. Ma bisogna capire che fa parte del mio tragitto e va accettato”. I rimpianti ci sono, ma guardarsi indietro non fa parte della sua filosofia.

La nostra intervista a Pepito Rossi

Sulla storia di Pepito si potrebbe realizzare una serie tv di almeno dieci stagioni. Esperienze in giro per il mondo, stagioni da top player, partite folli e anche tante delusioni a cui ancora oggi Giuseppe non riesce a dare una spiegazione. 

Non tutti lo sapranno, ma la sua carriera parte dal New Jersey. Papà Fernando gli trasmette l’amore per il calcio e non solo: “Da piccolo ero tifoso del Milan, quindi i miei idoli erano Gullit, Van Basten, Weah, Shevchenko” racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Inizia tutto negli States, poi a 12 anni lascia casa e vola in Italia, nelle giovanili del Parma“È stato difficile. Ho lasciato mamma, mia sorella, gli amici. Papà me l’ha resa un po’ più semplice perché è venuto con me, ma ricordo che ogni sera piangevo nel letto. A scuola era un disastro: era tutto nuovo, le persone mi guardavano in modo diverso”.

Nel 2004, a 17 anni, lo United lo nota e decide di portarlo in Inghilterra. Neanche cinque anni in Italia e per Pepito è nuovamente tempo di partire: “Venne lo scout del Manchester e mi disse: ‘Siamo interessati’. Seguivo molto lo United, ero fan della coppia Yorke-Cole”. Dalle giovanili del Parma alla Premier League. “Il primo giorno Ferguson è venuto ad accogliermi. Si è messo a disposizione con me per fare le foto”. L’amicizia con Piqué, l’incontro con Giggs e gli allenamenti con Ronaldo: “Cristiano è un ragazzo simpatico, rimaneva sempre al centro sportivo dopo gli allenamenti. Aveva voglia di diventare il migliore, oggi ha ancora questa mentalità e per questo è il numero uno”. 

Nel 2004-05 vince il premio come miglior giovane della Premier League, ma lo United decide di fargli fare qualche esperienza in prestito. Prima il Newcastle, poi di nuovo il Parma. Nel 2007 torna a Manchester ma solo per preparare le valigie: la prossima tappa è la Spagna, sponda Villarreal. “Lì sono esploso. Pellegrini mi ha dato responsabilità dal primo giorno. Ho fatto una stagione incredibile, c’erano squadre da tutta Europa che mi volevano”. 

È il 2011. Pepito è reduce da una stagione magica: 32 gol tra tutte le competizioni, quarto posto in Liga. Il Mundo Deportivo fa un sondaggio per i tifosi del Barça su chi vorrebbero nel tridente con Villa e Messi: Rossi stravince col 50% dei voti. “Sono stato vicino a firmare col Barcellona, era tutto fatto ma il Villarreal voleva una parte fissa più alta rispetto ai bonus. E poi sono stato vicino anche alla Juve: saltò perché il club aveva già venduto Cazorla e non voleva dare via anche me”. 

In quegli anni Rossi era davvero sul tetto d’Europa: Quanto varrebbe oggi quel Pepito? Tanto. In quell’anno ero dietro solo a Messi e Ronaldo. È stato fantastico, andava tutto bene: mi sono sentito davvero in alto”. Poi però il destino si mette in mezzo. Il 26 ottobre 2011 è la data cerchiata in nero per Giuseppe: rottura del legamento crociato e l’inizio di un periodo complicatissimo. “Durante quei periodi riesci a capire il tuo valore umano”. 

Di sogni ne ha realizzati tanti, ma più di qualche sassolino è ancora nelle sue scarpe. Non solo. I rimpianti di Rossi sono gli stessi che hanno milioni di italiani. Perché in fondo Pepito sarà sempre quel ragazzo con la faccia pulita che faceva sognare tutti. 

Davide Masi

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