Cuochi, camerieri, studenti, imprenditori. Sono in 4mila gli italiani di Stoccolma. Buona parte di loro ha seguito una donna, magari conosciuta sulle nostre spiagge. Incuranti del freddo e della distanza, si sono fatti, o rifatti, una vita qui. Hanno imparato ad adeguarsi al clima rigido e alla mancanza di socialità degli svedesi. Hanno iniziato a parlare una lingua completamente diversa, a dimenticare il sole e a considerare normale vederlo sparire alle 3 del pomeriggio.
Lontano dall’Italia, forse l’hanno amata ancora di più. E per loro, la sfida della Friends Arena, ha un sapore speciale. Italiani trapiantati in Svezia. O se volete “Azzurri of Stockholm”, come la squadra fondata nel 1971 da alcuni emigrati innamorati del pallone. Un angolo d’Italia nelle serie minori svedesi. Momenti di evasione e di gioia, spariti durante gli anni ’90 e tornati una dozzina d’anni fa grazie soprattutto al lavoro di Oreste Pirro, imprenditore di Alassio con la Sampdoria nel cuore.
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“Sono arrivato qui nel 1987. Per amore, come tanti di noi. In Italia giocavo nella squadra della mia città. Nell’82 feci persino un’amichevole contro la Nazionale di Bearzot in preparazione ad Alassio. Finì 11-1” Oreste giocava terzino, sulla sua fascia sfrecciava Bruno Conti: “Provai a marcarlo ma più che altro restai estasiato a vederlo da vicino”.
Dalla fascia alla panchina, il passo è breve. Oreste decide di rifondare e allenare gli “Azzurri of Stockholm”. Raccoglie chi arriva in città, con ogni mezzo. “Prima non c’era Facebook. Facevi il giro fra ambasciate, consolati, università, ristoranti. Siamo partiti dalla ottava divisione in pochi. Oggi siamo in sesta, con 67 giocatori in organico”. Tre squadre, un campo in centro in cui allenarsi, un bar come luogo in cui ritrovarsi.
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È lì, al “Caffè del Corso” che incontriamo due veterani del gruppo: Mario, pizzaiolo e laziale doc che discute, come sempre, con Roberto, demolitore di strutture e romanista con Totti sull’avambraccio. “Per l’Italia però dimentichiamo la nostra rivalità. Siamo qui dal ’96. Il biscotto del 2004 non lo abbiamo dimenticato. Sono convinti di batterci, ci provocano anche sui giornali, ma al mondiale andremo noi”, attacca Roberto. Mario annuisce. Il derby arriva presto, ma ora sembra un miraggio.
Oreste rilancia. “Gli svedesi riempiono lo stadio anche perché regalano la maglietta con il biglietto. Guarda in giro le offerte”, afferma il rifondatore degli “Azzurri” indicando il cartellone di un negozio sportivo.
A poche centinaia di metri da lì, in un centro commerciale colpito dal terrorismo, il siciliano Franco Cullurà ci accoglie nella sua cucina. Fa il cuoco in Svezia dal 1984, tifa Milan e ora è responsabile del ristorante Pane Fresco. “Mi manca la mia terra, ogni luglio torno là un mese. Del resto in quel periodo, il campionato è fermo, quindi posso permettermelo”. Franco a più di 50 anni è ancora una colonna degli Azzurri. Gioca al centro della difesa come un altro Franco. “Eh sì. Baresi era il mio idolo. Mi sono sempre ispirato a lui in campo”. Ha conosciuto sua moglie in Germania nell’81. Insieme hanno scelto Stoccolma. “Qui sono cresciuti anche i nostri figli, Simone e Sabina. Parlano tre lingue: svedese, italiano e siciliano”, scherza Franco.
Dalla sala arriva Jonathan. Fresco, ruspante, napoletano. Fa il cameriere, darebbe qualsiasi cosa per andare allo stadio a vedere gli azzurri, “ma sono di turno e non posso permettermi di perdere il lavoro. Insigne lo fa giocare, sì?”. Forse no, Jonathan. Intanto arriva la pizza preparata da Stefano. Anche lui è giovanissimo e napoletano. Doppiamente azzurro, in questi giorni in cui essere italiani a Stoccolma fa sentire il Paese più vicino. La sua margherita riempie il cuore, lui sorride con le mani infarinate.
Made in Italy che funziona. O made in Campania, come da “Meno male”, locale con la napoletanità appesa sui muri. Tutti ragazzi con un accento inconfondibile, tanta voglia di fare. Hanno scelto di emigrare, ma lì dentro, tra un forno napoletano, una locandina di Totò e Maradona disseminato ovunque, sembra di essere a Fuorigrotta. Te li immagini tutti tifosi del Napoli. E a sorpresa invece, arriva un coro di no. Massimo, il pizzaiolo, è juventino. “E avellinese”, precisa. “Anche se sono di Benevento”. Un ragazzo controcorrente. Come Christian che gestisce in sala, si appoggia sulla testa sacra del Pibe de Oro e ammette in realtà di essere milanista. E poi aggiunge: “Io avrei anche voluto giocare negli Azzurri, ma Oreste dice che sono troppo scarso”. Il mister smentisce senza troppa convinzione. E s’interessa sulla provenienza dei prodotti della loro meravigliosa pizza. Il primo lavoro di mister Pirro è importare prodotti italiani per rivenderli sul mercato svedese. Nei giorni scorsi ha ricevuto un premio in ambasciata per la sua attività. Lo accenna solo. Perché ci sono cose più importanti all’orizzonte. Svezia-Italia è vicina. Appuntamento allo stadio. Azzurri per gli azzurri, in una notte che vogliamo ricordare col sorriso.
Claudio Giambene
Bruno Majorano
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