Diciassette anni, 517 presenze e 139 gol con la maglia del Chievo Verona: Sergio Pellissier per i gialloblù è stato un vero e proprio simbolo tra 2002 e 2019. Poi, a 40 anni, il saluto al calcio giocato tra gli applausi degli stadi di tutta Italia.
Da quel giorno, sono cambiate un po’ di cose: su tutte, il vecchio Chievo non esiste più. Lo scorso agosto la società è stata dichiarata fallita e a raccoglierne i resti è stato proprio Pellissier, che ha dato vita all’FC Clivense.
Fondatore, presidente e, il prossimo 13 aprile, di nuovo giocatore: Pellissier ha infatti deciso di indossare di nuovo gli scarpini e scendere in campo a 43 anni: “Avevo promesso di fare una presenza in questa squadra e mi piace mantenere le promesse” ha annunciato l’attaccante in diretta a Sky Sport.
“Mi auguro di non fare brutta figura, perché dopo 3 anni di inattività…” ha ironizzato Pellissier. “La problematica più grande non è scattare, è sapere che non puoi più farlo come prima: io basavo le mie qualità sullo scatto, ora devo gestirmi in altri modi. Mi auguro che la categoria mi aiuti a non fare brutta figura”.
Il 12 aprile, Pellissier compirà 43 anni: il regalo, però, arriverà il 13, data scelta per scendere in campo con la Clivense: “Sembra fatto apposta. Sarà la penultima partita di campionato. In queste due settimane mi sono allenato: era necessario, mi allenerò anche la prossima settimana per poter dire di aver fatto il mio”.
Per un attaccante come lui, è impossibile stare lontano dalla porta: “Giocherò davanti. Sono nato attaccante e morirò attaccante: mi piace tirare, fare gol, esultare. Non so se riuscirò a farlo ma ci proviamo. Il bello è quello che viene dopo il gol: prima speri, poi sfoghi tutto. L’ultima partita di Serie A mi è dispiaciuto uscire” ha proseguito. “Solo dopo ho capito che Di Carlo lo fece per concedermi l’ultimo saluto dei tifosi. Io non volevo, ma a posteriori ha avuto ragione lui”.
E intanto il progetto Clivense continua con l’obiettivo di tornare tra i professionisti dalla terza categoria: “Ho sempre cercato di guardare chi faceva meglio di noi. In tutti i campionati più importanti d’Europa le squadre hanno giocatori del proprio vivaio, non li vanno a prendere altrove. Per me questo è un esempio ed è stata la base del mio progetto“.
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