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Si scrive Sergio, si legge Clivense: il ritorno in campo di Pellissier

Chievo, un piccolo quartiere, una diga, una carreggiata stretta e due sottopassaggi oltre ai quali sembrava non esserci più nulla quando dallo scorso luglio quando il Chievo Verona era scomparso dal professionismo. Invece, dopo appena nove mesi, tornerà a giocare anche Sergio Pellissier, simbolo di questa frazione di poco meno di 5000 abitanti. 

Vent’anni tra Serie A, B, Coppa UEFA e Champions League sono stati salvati da Sergio, dal suo amore e dalle sue idee. La squadra non poteva sparire e a settembre, dopo i provini per formare la rosa, il Chievo è rinato sotto il nome di FC Clivense per ripartire dalla terza categoria, con una promessa: “Farò almeno una presenza”. Con Riccardo Allegretti in panchina la squadra vola per tutto il campionato e alla penultima gara, valevole per la promozione, ecco Sergio Pellissier.  

Si scrive Sergio si legge Clivense. Allo stadio Aldo Olivieri, con il Bentegodi sullo sfondo, l’eterno capitano è sceso in campo 1054 giorni dall’ultima volta con la sua Clivense contro il Pozzo e ci ha messo poco più di mezz’ora per segnare il gol che tutti aspettavano. E pensare che voleva cedere il rigore ad un compagno in lotta per la classifica capocannonieri… 

Credits FotoUdali / Archivio FC Clivense

Doppietta (più un assist), vittoria per 4-0 e grande festa per la vittoria del campionato. Pellissier ieri ha compiuto 43 anni ma il regalo l’ha voluto fare ai tifosi che hanno sempre creduto in questa piccola realtà e che dal 27 aprile potranno far parte della società tramite un’iniziativa di crowdfunding, perchè nella testa di Sergio la Clivense non finisce e non deve finire con lui. “Custodi di ciò cjhe è stato e ciò che dovrà essere” recita il motto della North Side. E allora chissà cosa ci sarà oltre quei due sottopassaggi a Chievo, forse la Serie D…

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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