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“Io non sono morto!”. 50 anni dal grido di Pelè

La maglia spessa e gialla, i cerchi di cotone verde intorno al collo e ai bicipiti. I pantaloncini blu attillati. Il Brasile del 1970 è considerata da molti la squadra più bella di tutta la storia dei Mondiali di calcio. Oggi festeggia 50 anni dalla finale dell'Azteca, dove travolse l'Italia – reduce dall'impresa contro la Germania – con il punteggio di 4-1. 

La prima Coppa del Mondo ad essere trasmessa in tutto il pianeta. La prima in onda a colori. Milioni di persone davanti alla tv ad ammirare il joga bonito brasiliano. E' ancora limpida nella mente di tutti l'immagine di Pelè che salta fra le braccia di Jairzinho dopo il primo gol agli azzurri. Alla fine farà anche due assist, non male per uno che – dicevano – si volesse ritirare dalla Nazionale. 

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Nel 1966, infatti, il Mondiale del Re finisce in tre partite. Il Brasile viene eliminato dopo i ko con Ungheria e Portogallo. Proprio contro Eusebio Pelè si fa male e – dicono – medita l'addio: "E' finita", questa l'idea di tutto il paese. In fin dei conti per la Seleçao era finito un ciclo, quello dei due trionfi del 1958 e del 1962. Il calcio era diventato più fisico e "potente", meno jogo bonito come confermò la vittoria finale dell'Inghilterra

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Poi l'arrivo in panchina nel 1969 di Joao Saldanha, che lavorò sul fisico e che si avvicinò al Mondiale messicano battendo a Rio proprio i campioni in carica degli inglesi. Tuttavia, poco prima dell'inizio del torneo, il Ct criticò la dittatura militare dI Emilio Garrastazu Medici e, cosa non meno "grave", tenne fuori Pelè da un'amichevole contro il Cile, sostendendo che il giocatore non riuscisse più a vedere bene e che avesse problemi all'anca. Qualche ora dopo fu licenziato dal presidente della Federcalcio Joao Havelange.

Al suo posto venne chiamato Mario Zagallo, che reintegrò il numero 10 e che partì con la squadra destinazione Guanajuato, sede del ritiro. Da lì l'inizio di un viaggio perfetto, fatto di sole vittorie. Il 4-1 alla Cecoslovacchia tanto per presentarsi, poi l'1-0 all'Inghilterra, il 3-2 alla Romania, il 4-2 al Perù e il 3-1 all'Uruguay. Infine il 4-1 all'Italia. Dopo quei 90' Pelè entrò negli spogliatoioi e gridò: "Non sono morto! Non sono morto!". Alla faccia di chi sosteneva che fosse finita.

 

Redazione

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