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Pecchia: “CR7 ha un’energia speciale, da anni ha simpatia per l’Italia”

Con
Rafa Benitez ha condiviso alcuni mesi al Real Madrid, dove ha avuto
modo di conoscere e apprezzare Cristiano Ronaldo. Fabio Pecchia svela
qualche retroscena sul fuoriclasse portoghese in una lunga intervista
a La Gazzetta dello Sport: “Dà sempre il massimo e viene naturale
seguirne l’esempio. Ha modi cortesi, ma la sua personalità
pesa
nello spogliatoio. Già da allora aveva simpatia per l’Italia. A
Manchester il preparatore atletico Di Salvo lo aveva contagiato”,
racconta.

“È stata un’esperienza incredibile –
prosegue – Al Real ogni seduta è una finale. Allenare quei
campioni significa non sbagliare nulla. Sono esigenti con se stessi e
con gli altri. Sono tutti numeri uno. Semmai ci sono dei punti
d’incontro. Sergio Ramos, il duro, è l’icona spagnola. Ma
Cristiano è Cristiano: non esagera mai, ma quando parla lui…
Così
Modric è prezioso. In campo ha la fiducia dei compagni, fuori porta
armonia tra i big.

A
Madrid c’era un’aria strana. Andammo via a gennaio, da secondi in
Liga a soli 2 punti dal Barcellona. Ma soprattutto la nostra colpa
era di far giocare Casemiro al posto di James o Isco. Cioè quel che
anche Zidane ha fatto dopo. Ma, si sa, la storia la scrivono i
vincitori.

Quando
si gioca la Champions, nel riscaldamento vedi i loro volti
trasformati. L’adrenalina va a mille perché chi arriva al top ha
sempre una marcia in più. CR7 ha un’energia speciale da
trasmettere alla Juve, gli viene naturale. E il ruolo di parafulmine
non gli pesa”.

Sul
Napoli: “Rispetto a quando ero giocatore ho trovato un club solido
e organizzato, ambizioso. Benitez ha portato grandi giocatori e ha
trasmesso il verbo del palleggio, del gioco d’attacco. Con Higuain,
Reina, Albiol e Callejon si andava sul sicuro. E mi sono innamorato
di uno scugnizzo, Insigne: è un fenomeno. Non per la tecnica, quella
la vedono tutti. Per la forza, per lo spirito di sacrificio. Ogni
allenamento per lui è una sfida. In questo momento è il miglior
giocatore italiano”.

Infine
su Verona: “E’ stata un’esperienza forte, impegnativa. Eravamo
primi e siamo saliti in A tra i fischi: prova che l’ambiente non
era sereno. Poi il presidente ha chiesto un mercato a zero per
salvare i conti e col d.s. Filippo Fusco ho condiviso un progetto in
economia. Il finale è stato amaro, ma al contrario di Bari e Cesena,
il Verona c’è ancora e non ha debiti. L’infortunio di Kean?
Peccato, poteva arrivare a 10 gol. Ho visto crescere un bel talento.
Se crede in se stesso, nulla gli è vietato”.

L’intervista integrale su La Gazzetta dello Sport.

Redazione

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