“L’Italia è la mia seconda casa“. L’amore di Goran Pandev nei confronti del nostro paese è forte e palpabile. Con radici più lontane rispetto a quel 22 maggio 2010 che ha consegnato un posto nella storia all’Inter di Josè Mourinho (qui la prima parte della nostra intervista). Prova lampante al riguardo? La passione smisurata di Pandev nei confronti del movimento calcistico italiano: “Prima c’erano tante squadre che lottavano per vincere ed i campioni erano più distribuiti – spiega – ma la Serie A è ancora una competizione molto forte ed interessante, l’approdo di tre club nelle finali europee lo dimostra”.
526 presenze, 106 gol, 64 assist. I numeri di Pandev nei campionati professionistici italiani non mentono. Il mito dello straniero più longevo del nostro calcio nasce nel 2004, quando iniziano le cinque stagioni altisonanti con la Lazio. Momenti straordinari, due trofei vinti, ma anche una finale da separato in casa. “Ho un bel ricordo dell’esperienza in biancoceleste” ricorda Pandev per un’esperienza impreziosita dall’amicizia speciale con Simone Inzaghi: “Devo molto a lui – ammette – Si trovava nel club da tanto tempo e mi ha dato una grossa mano appena arrivato a Roma. Era un malato di calcio già allora: sempre presente, in partita parlava con tutti spiegando i movimenti perché voleva solo vincere”.
Importante anche la parentesi nel 2011 con il Napoli, segnata da due Coppe Italia vinte e un ruolo importante nei meccanismi sia con Mazzari che con Benitez. Una realtà, quella azzurra, capace di realizzare il sogno tricolore 33 anni dopo l’ultima volta: “Hanno vinto lo scudetto giocando il miglior calcio – spiega Pandev – Spalletti ha costruito un gruppo incredibile”.
Tra i tanti artefici dell’impresa c’è anche Osimhen che Pandev paragona a un suo ex compagno: “Mi ricorda Cavani perché in profondità va a mille e in questa stagione ha fatto cose pazzesche. Edi si allenava più di tutti, quando finivamo lo vedevi provare e riprovare i tiri in porta. Se non segnava si arrabbiava da morire, viveva per il gol”.
Tra le esperienze che hanno segnato la carriera di Pandev c’è anche quella con il Genoa, tra il 2015 e il 2022. Una città che sa di seconda casa. “Vedere che la gente vuole bene alla mia famiglia mi rende orgoglioso” spiega il macedone. Pensieri e ricordi si intrecciano, assumendo volti pieni di significato. “Thiago Motta? Era già un compagno straordinario, l’anno del Triplete gli dicevo che sarebbe diventato un top in panchina. Ce l’ha nel destino. PSG? Glielo auguro. Criscito? Felice per il suo finale, ha il rossoblu nel cuore”.
Dopo aver portato la Macedonia agli Europei, Pandev ha appeso gli scarpini al chiodo, ma pensa già al futuro: “Sono andato in pensione tranquillamente perché ho realizzato tutto questo. In futuro mi vedo ancora in questo mondo ma adesso voglio godermi la famiglia: sono un papà che accompagna i bimbi a scuola e a fare sport. Ho perso tanti anni con loro, spero di renderli felici”. Franchezza, emozione, umiltà: la favola Pandev sta tutta qui.
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