A Manchester lo spazio per giocare si era ristretto, quindi Londra e in particolare lo Stamford Bridge era l’occasione per far vedere a tutti il suo talento. Cole Palmer è cresciuto con Guardiola e ora trascina il Chelsea di Maresca, puntando sempre più in alto. In un’intervista rilasciata a GQ il classe 2002 ha raccontato alcuni retroscena del suo passaggio ai blues.
Nell’intervista Palmer esordisce rivelando la sua iniziale volontà riguardo ad un possibile trasferimento dal Manchester City: “Non sarei andato al Chelsea, ma mi hanno convinto. Sapevo solo che non avrei giocato quanto avrei voluto al City. Anche quando venivo convocato nelle giovanili dell’Inghilterra, c’erano giocatori che giocavano in campionato ogni settimana e pensavo di meritarlo anche io. Quando non giochi è fastidioso”.
Nei giorni in cui si è concretizzato il trasferimento rivela: “Sarei dovuto andar via in prestito, è avvenuto tutto rapidamente. Non ho avuto la possibilità di vedere molte persone e dire loro che me ne sarei andato. Dovevo solo prendere le mie cose, ho inviato un messaggio alla chat di gruppo e ho ringraziato tutti”.
Non è servito molto tempo per ambientarsi al Chelsea: “Ho giocato contro il Middlesbrough in casa, contro l’Everton, contro lo United in casa, e non ho smesso di segnare, segnare, segnare. Sapevo di poterlo fare, ma sono rimasto sorpreso”. La consacrazione nella capitale del Regno Unito ha combaciato con la crescita di Palmer, anche come uomo: “Forse perché non ero il più veloce da giovane, ho dovuto usare il movimento del corpo invece della velocità. Ero molto piccolo, minuscolo. Cercavo di fare qualcosa e mi toglievano la palla, mi chiedevo perché e mio padre diceva ‘Aspetta, arriverà tutto’ “.
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