Raffele Palladino (IMAGO)
Raffaele Palladino racconta l’addio alla Fiorentina e i momenti più belli del suo trascorso in viola.
Il 30 maggio Raffaele Palladino ha lasciato la Fiorentina, rinunciando a un contratto biennale già rinnovato poche settimane prima e a una qualificazione europea conquistata sul campo.
Una decisione che in molti hanno giudicato incomprensibile e che lo stesso allenatore, fino a oggi, non aveva mai voluto spiegare pubblicamente.
L’allenatore, infatti, ha spiegato a La Gazzetta dello Sport le motivazioni che l’hanno portato a lasciare i viola.
Di seguito le sue parole.
La versione di Palladino: “Per me il calcio è come un puzzle: ogni pezzo deve combaciare perché il quadro funzioni. A Firenze sono orgoglioso del lavoro svolto, ma non c’erano più le condizioni per proseguire. Le idee e le visioni erano ormai troppo distanti. Il giorno del rinnovo? Me lo ricordo bene. All’inizio mi aveva fatto piacere, ma ripensandoci a mente fredda ho capito che restare non era più possibile. Era una sensazione che mi portavo dentro già da tempo“.
Un club di mezzo? L’allenatore nega: “Nella mia carriera non sono mai stato legato a soldi o contratti. Quando ho scelto di lasciare la Fiorentina non avevo nulla in mano, e il tempo lo ha dimostrato. Anzi, per una settimana non ho nemmeno risposto ai messaggi”.
I ricordi sono molti: “Ne scelgo tre: le vittorie in casa contro Milan, Inter e Juventus. Serate indimenticabili per la città, e questo nonostante abbiamo spesso giocato con quasi metà stadio chiuso per i lavori. Sorpresi dall’addio? Tutti. Nessuno se l’aspettava: avevo parlato solo con il mio staff e poi direttamente con la società. Devo dirlo: le videochiamate e i messaggi dei ragazzi mi hanno fatto piangere. Con loro ho condiviso momenti belli e altri molto difficili, e per questo si è creato qualcosa di speciale. Infatti, ci sentiamo ancora oggi”.
Qual è stata la cavalcata più difficile? Palladino non ha dubbi: “Resto legato al mio primo anno a Monza, ma dico i 65 a Firenze. Era la mia prima stagione in Europa e di mezzo c’è stata una rivoluzione. Abbiamo cambiato 19 giocatori. Cosa faccio oggi? Vado allo stadio e analizzo le partite con il mio staff. Chi mi ha colpito? Giovane del Verona, lo volevo alla Fiorentina a gennaio, ma la dirigenza ha fatto altre scelte”.
Il malore di Bove ha spaventato tutti: “È stato uno choc. Rischiare di perdere per sempre un pezzo di noi è stato tremendo, e in spogliatoio c’era chi non voleva neanche più allenarsi. Per fortuna un miracolo ha salvato Edo, poi ci è voluto un lavoro psicologico delicato per ricominciare tutti insieme. In questo Bove è stato semplicemente fantastico: veniva al Viola Park, ci dava la carica ed era sempre con noi. Per me è diventato come un fratellino”.
Palladino ha rilanciato anche Moise Kean: “Avevamo una scommessa fissata a quota 15: l’ha vinta lui. Con Moise è scoccata una scintilla, lo volevo già a Monza ed è stato il primo nome che ho fatto, insieme al dt Goretti, quando sono arrivato a Firenze”.
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