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Palermo scopre il suo “Ringhio”: l’esordio in A di Ruggiero, sognando Gattuso col Napoli nel cuore

“Salta su, Ringhio”. Non un soprannome a caso, quello che Gennaro Ruggiero si ritrova cucito addosso sin dai primi calci ad un pallone. Ringhio come Gattuso, idolo di gioventù e modello in campo, con modo di giocare da lasciare a bocca aperta. No, niente giocate da fenomeno o colpi ad effetto: questo ragazzino del 2000 ha stupito tutti per la grinta e la corsa, quelle qualità che oggi hanno convinto Diego Bortoluzzi a lanciarlo in massima serie. Esordio da titolare, novanta minuti a pressare tutto ciò che fosse più alto dell’erba e persino a condurre un contropiede nel recupero di una partita che lo ha visto dare l’anima in campo. Mica male, per un diciassettenne che non ha mai nemmeno messo piede in Primavera: dagli Allievi alla prima squadra, doppio salto dettato dalle necessità di un mercato al risparmio che ha lasciato soli quattro centrocampisti in rosa. Pescare dalle giovanili, a quel punto, era un obbligo, anche solo per raggiungere il numero minimo negli allenamenti.

La scelta è caduta su questo mastino napoletano, un centrocampista di quelli che non lascia un centimetro all’avversario diretto e che persino nelle partitelle in famiglia fa sentire la propria presenza sulle caviglie. Duro sì, sleale mai. E i senatori della squadra non hanno potuto fare altro che “adottarlo”: con Vitiello condivide l’accento, con Gazzi la posizione in campo e con Diamanti il carattere, tant’è vero che lo stesso fantasista non ha esitato a indicarlo come esempio da seguire per tutta la nidiata di ragazzini presente in squadra. Lui, quello ripescato dagli Allievi per fare numero, non i predestinati o quelli a cui sono state date troppe responsabilità. Un giovane che a sedici anni ha ricevuto una chiamata per allenarsi con i grandi e che oggi, dopo aver spento le diciassette candeline, festeggia la sua prima partita in Serie A.

Cuore azzurro, da buon napoletano e tifoso del Napoli, prima di trasferirsi a Palermo ha avuto modo di seguire i suoi idoli al San Paolo per qualche partita. A soli quattordici anni, però, arriva il momento di fare le valigie e prendere il traghetto: si va in Sicilia, la casa diventa un convitto (dove tuttora vive) e i colori si trasformano in rosa e nero. Tre anni dopo si passa dal “Pasqualino” di Carini al “Barbera”, da un pubblico di pochi curiosi ad uno stadio da oltre trentamila posti. E le gambe? Quelle non tremano mai, nemmeno davanti ad avversari che avevano già esordito in A prima della sua nascita. Affrontati con lo stesso sorriso con cui arriva ogni giorno al campo d’allenamento, col pulmino che fa sempre la stessa tratta: convitto-Boccadifalco, andata e ritorno. Non sarà il “pibe de la pension” come Dybala all’Instituto, ma lo “scugnizzo del convitto” s’è tolto la prima soddisfazione della carriera. Sognando di ripercorrere le orme di un altro Gennaro, quel “Ringhio” Gattuso a cui si ispira sin da bambino.

Redazione

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