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Palermo-Napoli, occhi su Vázquez: l’indizio di Zamparini e il ricordo della “prima volta”

Gliel’avranno ripetuto già mille volte, scavando nel vuoto di una settimana infinita, vissuta a parlar d’altro, colorata di polemiche. “Ehi Franco, ricordi?”. Certo che sì. Come dimenticare? Palermo-Napoli è tutta lì, nel suo esordio in Serie A, nei ricordi vivissimi di una notte nera per tutti ma non per lui, Franco Vázquez, il talento che incanta, il leader (tecnico, e non solo) dei rosanero per numeri, continuità, qualità.

Era l’8 gennaio 2012, era il battesimo del nuovo anno ma anche il suo, di battesimo, la prima volta che mai avrebbe dimenticato, macchiata dal risultato (1-3) e dal suo errore sotto porta, a tu per tu con De Sanctis, che poteva cambiare le sorti di quella partita ma non della sua carriera, ormai segnata: assist, serpentine, doppi passi, finte. Il tutto con una naturalezza disarmante, quasi irritante per avversari e semplici curiosi.

Vázquez, classe ’89, è l’eleganza applicata al calcio. Ognuno suo stop è già dribbling, camuffato in un controllo apparentemente agevole per chi, come lui, ha imparato a convivere col pallone sin da piccolo, in Argentina, tanto da essere soprannominato El Mudo, colui che parla poco perché alle banali parole antepone i fatti, le giocate, le prestazioni sontuose offerte a tutto campo, non per forza sull’esterno, non sempre sulla trequarti, non solo lì.

Quest’anno sei assist e cinque reti: l’incisività è il suo biglietto da visita ed è l’arma che ha utilizzato per sedurre un po’ tutti, in Italia e in Europa. Non mancano le pretendenti per Vázquez, in realtà non sono mai mancate, già da mesi. “Sarei felice di darlo al Napoli” ha svelato in settimana Maurizio Zamparini, rendendo di dominio pubblico l’interesse azzurro per l’italo-argentino, apprezzato (molto) anche dal Milan. E non solo.

Ma lui, Vázquez, ha in testa una sola idea ed è pure lecita: giocare la Champions League. Lo ha ammesso pubblicamente lo scorso dicembre, lo ha lasciato intendere a chi gli chiedesse del futuro, a chi provasse a ricavare da ogni singola parola un indizio di mercato concreto. Ma val la pena di vivere anche il presente, soprattutto adesso, ad un passo dall’incubo retrocessione ma ancora in corsa per farcela, evitando il dramma (sportivo, s’intende) che nessuno si augura dalle parti del Barbera. E il Palermo – squadra, tifosi, città – si affida proprio a lui, a El Mudo, per ripartire senza crollare di nuovo. Già domenica, contro il Napoli, la squadra che rappresenta la sua “prima volta” e, magari, anche il suo futuro. Chissà.

 

A cura di Fabio Tarantino

Gianluca Di Marzio

Ci ho messo più di trent'anni per tornare dove sono nato. Non conoscevo le strade, non sapevo a memoria le vie, ricordavo solo il nome della clinica -Villa Stabia- dove mia madre mi aveva dato alla luce. Più di trent'anni sì, non proprio un figlio modello per la mia città, Castellammare di Stabia, una trentina di chilometri da Napoli. Lì sono nato il 28 marzo del 1974, sono Ariete per gli amanti dei segni zodiacali, non chiedetemi l'ora e comunque non sono un fanatico degli ascendenti.

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