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Palermo-Bari, partita… Iva. Sfida fra commercialisti a poche ore dallo scontro del Barbera

Rosanero contro rossi, ventidue uomini a difesa dei colori cittadini. Palermo contro Bari. Per la Serie A? Macché, quello è un altro calcio. Più ricco ma non più autentico di quello che si gioca lunedì mattina sul campo palermitano del Ribolla, centro sportivo gestito da Totò Schillaci.

Ottavi di finale d’andata del campionato commercialisti. L’anno scorso ha vinto il Catania. “Una corazzata”, dicono i ragazzi di mister Arcoleo. Sì, proprio lui, allenatore negli anni ‘90 del “Palermo dei picciotti” che fece innamorare un’intera città. Vent’anni fa aveva Vasari e Galeoto, oggi punta forte su Muscolino e Civello. Ha 70 anni e la stessa passione di quando la Favorita -all’ epoca si chiamava ancora così- urlava il suo nome. “Mi metto a disposizione di chiunque abbia voglia di correre dietro a un pallone a Palermo. Per me non c’è niente di più bello”.

Su questo campo insegna la tecnica ai bambini e dirige anche la rappresentativa magistrati. Oggi i suoi ragazzi sono professionisti di un altro mestiere, più abituati agli scontrini che agli scontri. “I baresi sono seri. Hanno fatto anche il ritiro prepartita. Noi facciamo un allenamento a settimana”. Le rotondità delle magliette confermano le sue parole, ma sul campo è battaglia. Il bomber Muscolino, cresciuto col mito di Gasbarroni “mi raccomando scrivilo, sono il suo più grande fan in Italia”, mostra giocate di pregevole fattura (sì, era voluta) ma spreca un paio di ottime occasioni. “Lui è così, magari segna su punizione di rabona. È un estroso, bisogna concedergli qualche errore”. In tribuna gli otto spettatori incitano i padroni di casa. Il gol sembra essere nell’aria, ma arriva dall’altra parte. In Sicilia il vento gira in fretta e ad approfittarne è Cosimo Scianatico, numero 9 dei pugliesi.

Arcoleo scuote i suoi ragazzi e li invita a continuare a giocare la palla. “Il mio Trapani trent’anni fa faceva i cambi di gioco e i tagli del Napoli di oggi. E quando facevamo possesso, il nostro era un tiqui taqa champagne”. Verticalizzare sempre. Dura farlo con chi passa la maggior parte delle ore in ufficio schiavo dei conti.
I ritmi sono inversamente proporzionali alla passione di questi uomini. “Non fotografarmi, ho detto a mia moglie che ero al lavoro. Sennò mi toccava andare a fare una gita al mare”, mi dice uno di loro. Lo dicono anche altri. Ognuno di loro ha un buon motivo per essere su questo campo alle 11 di mattina, sotto un sole che sa già di estate. Uno fra quelli che si trova qui in incognito segna il pareggio su punizione. Destro sopra la barriera, portiere ospite battuto.

Arcoleo l’aveva predetto un attimo prima. Si gira e sorride soddisfatto: 1-1, tutti a bere qualcosa negli spogliatoi. Là dentro, l’allenatore carica i suoi ragazzi. “Voglio che pressiate di più, fate vedere ai baresi cosa sanno fare i palermitani”. Poi continua, col piglio di Al Pacino e l’accento da pescatore di Mondello. Fine psicologia, pungolare nell’orgoglio per animare gambe che faticano a girare. Nel secondo tempo si abbassano ancora di più. Pause alla Celentano e qualche accenno di tensione. Il Bari preme, il Palermo resiste. Finisce 1-1, si va a pranzo tutti insieme. Verdetto rimandato al ritorno di sabato mattina in Puglia. Solo alla fine di quella gara, si faranno i conti. Chi meglio di loro?

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Claudio Giambene

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