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Tu quoque, Pajac: prima da titolare in serie A, primo gol. Contro chi lo scoprì

Prima di tutto, la pronuncia. Pajac, con la c finale. Marko Pajac, 25 anni, croato, da non confondere con Marko Pjaca. Così vicini, così lontani: uno piange a Firenze per l’ennesimo infortunio al ginocchio, l’altro esulta per la prima volta in serie A. Un sinistro fulminante per il secondo gol dell’Empoli contro il Frosinone, quello decisivo – a conti fatti – per vincere uno scontro salvezza fondamentale.

Era al suo debutto da titolare in A. Mai nessuno gli aveva dato una maglia dal primo minuto. Lo ha fatto un allenatore che si trovava alle prese con una nuova prima volta. “Mister Andreazzoli è venuto da me prima della partita e mi ha chiesto se ero pronto”, racconta il croato nel dopo partita. Alla domanda del suo allenatore ha risposto con una prestazione di qualità e quantità. Interprete perfetto a sinistra di un 3-5-2 che Andreazzoli ha ereditato da Iachini e rielaborato. Non ha più Zajc per giocare il suo calcio. Quello con la “c” maiuscola, quello che in B ha dominato. Pajac in quella categoria era un baluardo. Punto di riferimento del Perugia per due stagioni, dopo essere stato lanciato a Benevento da…. Marco Baroni.

LA PRIMA VOLTA DI PAJAC. PROPRIO CONTRO…

Eh sì, tu quoque. Perché il primo a credere in lui era stato proprio l’attuale allenatore del Frosinone. Con lui aveva esordito in B e trovato il suo primo e ultimo gol italiano: Latina-Benevento 1-1, rete del pareggio. Era il 17 settembre del 2016. Due anni e mezzo dopo riecco il suo nome sul tabellino. Proprio contro il Frosinone di Baroni. “Eh non mi ha detto niente. Non gli avrà fatto piacere…”. E non sarà stato contento neanche Stefano Capozucca, consulente di mercato dei ciociari. Fu lui a portarlo a Cagliari nell’estate del 2016, prima di girarlo a Benevento.

E anche a luglio si era parlato a lungo di un interesse del Frosinone per il croato. Sarebbe stato ideale nel 3-5-2 di Longo, è stato letale nella prima-bis di Andreazzoli.

“Io comunque posso giocare anche se dovessimo passare a 4 dietro. A Perugia ho quasi sempre giocato lì”, mette le mani avanti Marko, quasi a difendere un posto che non vuole perdere per variazioni di modulo.

Difficile rinunciarci, vista la sua prestazione: moto incessante sulla sinistra, un attaccante aggiunto e un tampone difensivo quando c’è stato bisogno. Il calo dell’Empoli negli ultimi venti minuti è coinciso con la sua uscita dal campo: un piccolo problema al polpaccio, prevedibile considerando che fino a oggi aveva giocato poco più di cento minuti dall’inizio della stagione.

PAJAC, UN GOL PER MATEO E JOSIPA. E PER UN ARBITRO

A Cagliari non ha trovato lo spazio che sperava, per questo a gennaio è arrivato a Empoli. Sedici minuti col Milan, poi niente. Sembrava destinato a una primavera da comprimario, con l’unica gioia di potersi godere la crescita di Mateo, il figlio nato a Perugia il 31 marzo scorso. E invece – a due settimane dal primo compleanno – ecco il regalo più gradito. Mateo e mamma Josipa esultano, papà Marko pure. “Questo gol è tutto per loro”. E a Zagabria, città dove è nato, avrà anche esultato anche suo fratello. Magari fischiando. Sì perché il fratello di Pajac fa l’arbitro in Croazia. Sarà anche per questo che Marko in campo non ha mai comportamenti sopra le righe.

Poche parole agli arbitri, risposte brevi fuori. Timidezza e voglia di affermarsi. In Ungheria ha vinto un titolo con il Videoton giocando pochissimo. Capozucca lo ha scoperto vedendolo nel campionato sloveno. Giocava centrale di centrocampo e col sinistro faceva male. In Italia ha cambiato ruolo e interrotto il feeling col gol. Poi ha rivisto vecchi amici e ha riarmato il mancino.

Nella settimana delle idi di Marzo. O idi di Marko.


Foto: ufficio stampa Empoli

Claudio Giambene

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