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Omari racconta la Siria: “Giochiamo insieme senza conoscerci”

Un ciuffo d’erba da accarezzare nel deserto circostante, un silenzio da squarciare non con il sibilo di una bomba che sta per esplodere ma con l’urlo di gioia per un gol, oppure con il vociare dei tifosi sulle tribune di uno stadio. Calcio e guerra non hanno nulla in comune, anzi una palla che rotola a volte può infrangere mille barriere, far sorridere là dove non esistono motivi per farlo. ISIS, bombardamenti e terrore.

E’ la Siria, un Paese che non ha voglia di piegarsi alla barbarie e prova a reagire, con il calcio, appunto, con uno dei pochi strumenti utili per fuggire dalla guerra. Il sogno è la qualificazione ai Mondiali del 2018, sarebbe un miracolo per la Nazionale del Vicino Oriente staccare il pass per la manifestazione più importante del football internazionale. Solo un punto separa la Siria dal Giappone, che guida la classifica del secondo round asiatico, una distanza irrisoria che tutti i siriani sperano di colmare per accedere al terzo turno e continuare a cullare il sogno ‘Russia 2018‘.

Ci proviamo ma non possiamo mica giocare in casa le gara con la nostra Nazionale” voce rotta dalla commozione, occhi delusi e amarezza palpabile nell’animo. A parlare è Osama Omari, 24enne centrocampista siriano dell’Al-Wahda, squadra che milita nel campionato siriano. “Sono costretto a rimanere a giocare in Siria nonostante le molte offerte che mi sono arrivate negli ultimi mesi. Il motivo? Per colpa del servizio militare. Ho iniziato a 19 anni e ancora non me ne sono liberato. Il nostro campionato ha perso molti giocatori forti e consequenzialmente il livello si è abbassato. Molti club sono scomparsi ed è dura anche arrivare in tutte le città. Anche mio cugino Omar Khribin ha lasciato il paese per via dei bombardamenti, visto che la sua casa era nel bel mezzo di una delle zone di guerra. Adesso gioca a Dubai. Fa parte anche lui della Nazionale siriana ma non ci alleniamo mai assieme”. Omari e gli altri giocatori però non si abbattono e affrontano con tenacia e forza di volontà qualsiasi sacrificio per il bene della propria Nazionale: “Per sfidare la Malesia e Singapore, ci siamo ritrovati tutti in Qatar. Coloro che giocano a Damasco hanno preso l’autobus da Beirut e ci hanno raggiunto lì. Abbiamo preso l’aereo e siamo arrivati in Malesia. Dopo l’amichevole giocata lì, via verso Singapore per la gara di qualificazione ai Mondiali“. La vittoria raccolta in trasferta, lascia ancora aperta la porta per il grande sogno che tutti i giocatori continuano dolcemente a cullare: “Cerchiamo di onorare al meglio la nostra bandiera in campo. Siamo consapevoli della situazione che viviamo ma non ci abbattiamo, vogliamo che la guerra finisca al più presto, per il momento facciamo quello che possiamo“.

 

Redazione

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