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Tokyo 2020: Gignac, il re dei due mondi che fa sperare la Francia

C’è chi lascia il proprio paese per lavoro, chi per noia o chi per amore. André-Pierre Gignac l’ha lasciato per il calcio. Nel 2015 ha salutato il Marsiglia ed è migrato in Messico nell’apice della sua carriera per far risplendere il Tigres. Oggi, a 35 anni, è ancora lontano da casa sua ma dall’altra parte del mondo: alle Olimpiadi di Tokyo con una tripletta ha tenuto a galla la Francia Under 23.

“Preferisco morire piuttosto che andare al PSG”

È sempre stato un giocatore atipico Gignac. Come detto, a 30 anni ha lasciato la Ligue 1 dopo aver sognato a lungo il titolo (poi perso) e aver segnato più di Ibrahimovic e Cavani, all’epoca attaccanti del PSG, squadra che ha sempre odiato con tutto il cuore: “Preferirei morire piuttosto che trasferirmi da loro. Non firmerei neanche se mi offrissero uno stipendio dieci volte superiore a quello che guadagno ora”. 

E forse è stato anche questo uno dei motivi che lo hanno portato a fare le valigie. Un calcio malato che ti paga come fossi un re ma al primo errore ti fa fuori. In Messico tutta questa pressione non c’è. Anche se arrivi da un club come europeo come l’OM. Certo, arrivare in un campionato all’apparenza più semplice con 130 gol segnati in carriera è sicuramente un bel biglietto da visita, ma di poterlo dominare probabilmente non ci aveva mai pensato.

Alla conquista del Messico

Gignac ha ben presto conquistato il Messico: alla prima stagione sfiora la vittoria della Copa Libertadores ma nelle stagioni successive vince più campionati di quanti il club non ne abbiamo vinti nei 55 anni di storia prima del suo “avvento”. 

È sempre stato un giocatore atipico GignacA inizio carriera veniva preso in giro per sue movenze: goffo e indolente. Lui ha saputo scappare anche dagli insulti dei tifosi, con ironia: “Se andassi ancora più lento, andrei in retromarcia”. Con il Tigres, invece, ha messo la sesta: 149 reti in 261 partite e la prima vittoria assoluta nella CONCAF Champions League (la Champions Noramericana).

Quel palo in finale di Euro2016

Con la Francia, però, nessun rancore: alla chiamata di Deschamps per Euro2016 ha risposto subito presente e solo il palo allo scadere dei novanta minuti regolamentari nella finale contro il Portogallo gli ha impedito di salire anche sul trono d’Europa. 

Alle Olimpiadi di Tokyo vuole riprovarci. Per ora è riuscito a salvare i suoi compagni con tre gol al Sudafrica: la qualificazione ai quarti si deciderà all’ultima giornata ma non dipenderà solo dai Blues. E lui in fondo ci spera: dopo aver conquistato le Americhe, vuole fare di tutto per lasciare un segno anche in Giappone (e in Francia). 

Andrea Molinari

Nato a Verona nel 1998, il mio primo ricordo vivido legato al calcio è Shevchenko che sbaglia un rigore contro il Bayern Monaco. Grazie a lui (e anche a Kakà) da piccolo mi sono innamorato del pallone. Ma lui non lo sa. Sì, perchè ho giocato anche, purtroppo senza risultati. Nato attaccante, sono finito a fare il terzino: di solito succede a quelli con i piedi quadrati. Oggi provo a dimostrare questo amore scrivendo.

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