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NYC, Pirlo: “Ero interista, gli idoli Matthäus e Baggio. Attaccante preferito? Inzaghi, fenomeno”

L’esordio nel Brescia di Lucescu, gli anni d’oro del Milan, il passaggio alla Juventus, la Nazionale: a tutto Andrea Pirlo. L’ex regista della Nazionale si è raccontato nel corso di una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Si parte dai primi calci al pallone: “In casa o giù in giardino con mio fratello, con i miei cugini. Ho sempre giocato a calcio, la mia prima palla fu di spugna in casa. Il calcio: non ho mai pensato di fare altro. Nella mia stanza c’erano poster di calciatori. Io ero dell’Inter, l’idolo era Matthäus, un centrocampista di qualità. Giocavo da mezza punta, regista. Una mezza punta di quelle che andavano un po’ in giro per tutto il campo. Ho esordito in prima squadra a sedici anni e due giorni. Ero andato in ritiro a quindici. La società aveva chiesto una deroga per potermi fare giocare prima dell’età normale. Lucescu aveva fretta di vedermi in campo, ma la deroga non l’hanno data perché ero troppo magro. Allora, compiuti i sedici anni, ho esordito a Reggio Emilia contro la Reggiana.

Allenatori speciali? Lucescu, che ha iniziato a portarmi nella prima squadra a quindici anni. Lui mi ha dato lezioni tattiche, tecniche, mi ha spiegato cosa si fa giocando con giocatori professionisti. Conte è quello che mi ha impressionato di più perché era il più penetrante, il più convincente. Era quello che riusciva a farti entrare nella testa le cose che diceva lui in pochissimi secondi, a farti capire quello che voleva. Così in campo venivano quasi naturalmente, le cose che si provavano. Era maniacale in qualsiasi cosa, in ogni piccolo dettaglio, metteva una grande pressione sui giocatori e adesso si vedono anche in Inghilterra i risultati di questo metodo, unico, di lavoro”.

Mazzone e Baggio: Mazzone era bravissimo. Io ero andato sei mesi in prestito. Lui mi aveva chiamato per parlare con me. Lui diceva che voleva farmi giocare con Baggio. Baggio davanti e me dietro. Mi diceva che mi vedeva un po’ regista alla Falcao. E infatti è stata una sua grandissima intuizione, quella di mettermi in quella posizione del campo. Con Mazzone si è creato un bellissimo rapporto. Infatti lo devo ringraziare. Ha appena compiuto ottanta anni. Voglio fargli auguri e ringraziarlo per quello che ha fatto per il calcio italiano. Baggio? Lui era il mio idolo fin da piccolo e ho avuto la fortuna di averlo prima all’Inter come compagno e poi di ritrovarlo a Brescia. Baggio era in primo luogo una persona fantastica. In campo era divino, aveva una classe fuori dal normale”.

Pippo Inzaghi l’attaccante ideale da lanciare a rete: “Era per me il massimo, perché era sempre sul filo del fuorigioco. E quindi, appena avevo la possibilità di lanciargli la palla, sapevo, anche senza guardarlo, che lui correva in quella direzione. Era un fenomeno, a giocare sulla linea. Magari tre o quattro volte andava in fuorigioco, però quella volta che non ci andava faceva gol. Quindi ci trovavamo ad occhi chiusi”. Rapporto con Allegri: “C’erano stati dei problemi, perché io ero stato infortunato quattro mesi quell’anno al Milan. Sono tornato quando la squadra andava bene ed era difficile anche per lui cambiare la formazione. Alla fine della stagione io ero a scadenza e dopo dieci anni ho deciso di cambiare. Volevo fare una nuova esperienza e ho provato la Juventus. C’era lo stadio nuovo, una grandissima dirigenza, si voleva tornare a competere al massimo livello in Italia e in Europa. Quindi la Juventus era il massimo, per me”.

Due partite indimenticabili, per motivi opposti: “La vittoria più bella è sicuramente il Mondiale, che rimarrà tutta la vita dentro di me. Avevo il sogno di giocare un Mondiale, di vincerlo, sono riuscito a farlo. Più di così non potevo chiedere al calcio. La sconfitta è quella di Istanbul , quando il Liverpool recuperò tre gol al Milan. Dopo la partita ci guardavamo in faccia e dicevamo: cos’altro ti può succedere nel calcio dopo che accade una cosa così? Una partita già vinta, poi subisci tre gol, ma hai altre occasioni per rivincerla e invece alla fine la perdi e non ti rendi neanche perché. Poi, per fortuna, il calcio riesce anche a ridarti altre opportunità. E due anni dopo siamo riusciti a rivincerla, quella Champions, sempre contro il Liverpool”.

C’è un erede di Pirlo? “Sinceramente no. Che gioca come gioco io, no. Ci sono tanti giocatori bravi, ma non sono “registi” come lo sono io. Mi piace molto Verratti ma non gioca come me. Mi piace Gagliardini dell’Inter, ma ha un ruolo differente dal mio. Giovani? A parte Verratti, che ormai è già affermato, mi piacciono Berardi, Gagliardini, Donnarumma, Rugani, Di Francesco, Chiesa, Bernardeschi. E poi mi piace molto Belotti. È una generazione di qualità. Capita, nel calcio”. Futuro? “Non ci ho ancora pensato. Avrò tempo, adesso ho l’ultimo anno di contratto e poi vedremo. Allenatore? Adesso come adesso no. Poi magari stai fermo tre o quattro mesi, ci pensi, vedi che tutti i tuoi compagni tutti i miei amici sono tutti diventati allenatori anche quando dicevano che non lo avrebbero mai fatto, e ci pensi davvero. Vuol dire che è una cosa che ti scatta dopo, finito di giocare. Per continuare il rapporto bellissimo col campo”.

L’arte della punizione: “Ho iniziato in casa con quella pallina di spugna. Tiravo sopra il divano e cercavo di metterla nell’angolo della finestra. Sono state quelle le mie prime punizioni. Poi ho sempre tirato da bambino prima e poi in ogni categoria. Poi ho iniziato a cambiare il tipo di tiro quando ho visto Juninho del Lione che calciava in un modo strano. Mi sono detto: come fa questo a tirare così? Allora l’ho guardato ripetutamente e poi mi sono messo lì da solo, al campo a Milanello, e ho iniziato piano piano a tirare, a provare e ho trovato una mia punizione: è nato quel tiro, che è solo mio. Vado sotto alla palla e cerco di prenderla con la parte finale delle dita dandogli poi un effetto, in modo che poi la palla scenda più velocemente possibile. E’ difficile da spiegare, è una cosa da provare in campo”. Ultime curiosità: “Portiere più forte affrontato? Buffon. Leader più autorevole? Maldini.

Prima di chiudere l’intervista Pirlo fa un pronostico: “La Juventus può vincere la Champions. èall’altezza delle altre, se non di più. E’ più compatta tatticamente e può arrivare sicuramente in fondo. Gigi Buffon lo sento spesso. Giochiamo insieme da quando abbiamo quindici anni”.

Redazione

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