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Nuovo Lewandowski ed oro dell’Ajax: Milik, il gigante buono che fa volare la Polonia

Non si può definire un predestinato. E’ uno di quei calciatori che si sono costruiti da soli, con impegno, fatica e sudore. L’ha fatto bene però, Arkadiusz Milik. Il giusto compromesso tra l’attaccante moderno e il classico numero 9. In lui ci sono un po’ tutte le caratteristiche del centravanti. La fisicità e la capacità di lottare con i difensori avversari, tipica dei numeri 9 che hanno fatto la storia. L’umiltà di mettersi a disposizione della squadra e di muoversi su tutto il fronte d’attacco, sempre più richiesta ai centravanti moderni. Insomma, non c’è una caratteristica in cui Milik spicchi in maniera particolare. Ma sa fare un po’ di tutto. E’ per questo motivo che è un attaccante unico nel suo genere, forse non in grado di stuzzicare la fantasia come altri centravanti ma estremamente efficace. Lui fa le cose semplici, ma le sa fare bene.

E alla sua età nessuno dei grandi attaccanti moderni era riuscito a segnare come lui. Già 61 gol in carriera, ad appena 22 anni. Suarez ne aveva fatti 55. Higuain 50, Ibrahimovic 47. In particolare, i suoi numeri con la maglia dell’Ajax sono impressionanti. Ben 47 gol in due stagioni, in 75 partite. Quasi nessuno come lui tra i grandi centravanti della storia del club olandese. Che tra l’altro, in materia di numeri 9, non ha nulla da invidiare a nessuna squadra del mondo. Ibra, nei suoi primi due anni all’Ajax, aveva fatto 30 gol. Van Basten 42, Cruyff 29 e Kluivert 44. Solo Suarez ha fatto meglio, con 50 gol in due stagioni, segnati però in 87 partite. Non male.

Numeri che hanno subito messo Milik di fronte ad un paragone scomodo, quello con Robert Lewandowski. Quest’oggi hanno giocato insieme, schierati da Nawalka nell’attacco della sua Polonia. E Milik ha fatto ‘il Lewandowski’, segnando il gol decisivo per battere l’Irlanda del Nord. Un gol voluto, sentito. Per un ragazzo che sente in particolar modo la Nazionale, legato fortemente alla sua Polonia. Tanto da decidere di restare in patria, rifiutando il trasferimento in Inghilterra al Tottenham o al Reading. Perché, a 16 anni, era ancora presto per lasciare la Polonia. Testa sulle spalle, nonostante un’infanzia difficile. La perdita del padre a 6 anni gli ha fatto vivere un momento di sbandamento, tra piccole rapine in negozi e fumo. Come spesso accade in queste storie, il calcio lo ha salvato. E con lui anche Slawomir ‘Moki’ Mogilan, l’allenatore delle giovanili del Katowice. La Polonia la lascia a 18 anni, destinazione Leverkusen. A differenza di Lewandowski, però, la Germania non gli regala soddisfazioni. La sua isola felice è l’Olanda. Amsterdam, l’Ajax ed il 4-3-3 di De Boer di cui lui è il vero terminale offensivo. Ha iniziato a segnare e non ha più smesso, in Eredivisie e ora anche agli Europei. E ora sarà ancor di più uomo mercato, dopo aver attratto su di sè l’interesse di tante squadre europee. Dal biancorosso dell’Ajax a quello della Polonia, sognando Lewandowski.

In patria il bomber del Bayern è una vera icona, Milik il suo erede designato. Ma quest’oggi, per un giorno, l’allievo è riuscito anche a far meglio del maestro.

Mario Lubrano

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