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“Non ho più nulla, ma non mi dà fastidio la povertà: adesso sono felice”. Addio a “El Mago” O’Neill

Non ho più nulla, ho sperperato un patrimonio di 14 milioni di dollari“. Basterebbero queste poche parole per raccontare uno dei talenti più limpidi del calcio sudamericano, Fabian O’Neill. Ribelle, anticonformista, genio e sregolatezza per eccellenza, amante dell’eccesso… In campo? “El diez perfetto, per molti uno dei più forti giocatori mai visti nei campi di gioco. E chi non si fida delle parole di allenatori esperti come Serse Cosmi e Giampiero Ventura Il giocatore più forte che abbia mai allenato” potrà ricredersi con le parole di Zidane: “El mejor era Fabián O’Neill“. Non c’è bisogno di traduzione, Zizou ha definito O’Neill il migliore giocatore visto in carriera. Trequartista, poi regista avanzato, tecnico, veloce, forte fisicamente e dal grande cuore: ai dribbling da mal di testa, alle giocate illuminanti e ai gol d’antologia Fabian alternava ruvidi tackle e corse perdifiato.


“Ricordo bene un Cagliari-Milan del campionato 1999-2000” – aveva dichiarato Diego Lopez ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com Fabian puntò Shevchenko, iniziò a danzare con il pallone: una, due, tre finte, alla quarta Sheva cadde a terra stordito… Il Sant’Elia fece un boato, mai vista una cosa del genere“. Nato nel 1973 a Paso de los Toros in una famiglia di origini irlandesi, Fabian mosse i primi passi nella squadra locale del Defensor, per poi diventare la stella del Nacional di Montevideo, club con il quale esordì nel 1992, a 19 anni, vincendo il campionato. Nel 1995 “cucciolo” O’Neill, così definito dal presidente Cellino per l’età e i lineamenti che gli davano l’aspetto di un bambino, scelse il Cagliari, allora allenato da Trapattoni, nonostante le offerte di Napoli, Udinese, Lazio e Borussia Dortmund. Poche partite per confermare che il soprannome, “El Mago”, era perfetto. O’Neill incantava con i suoi lanci smarcanti da oltre 40 metri, i passi da ballerino di flamenco, sempre con il pallone incollato al piede, il suo elegante tocco di palla. Poi gol pesanti, pochi, ma mai banali.

Era il giocatore da grandi partite, uno dei più forti di sempre del calcio uruguaiano e non solo” – prosegue Diego Lopez – “Oggi ci sono fuoriclasse come Cavani e Suarez, ma se parliamo di giocatori di calcio completi, di quelli che sembrano nati per il pallone, Fabian era sopra tutti. Lui era un trequartista puro, Ventura lo trasformò in regista e Fabian esplose definitivamente, tanto che lo prese la Juventus di Zidane. Se Zizou è arrivato a spendere quelle parole, e parliamo dell’anno scorso, allora non c’è da aggiungere altro. Aveva fisico, tecnica, giocate illuminanti: aveva tutto. Fuori dal campo era un ragazzo d’oro: se ci fosse stata la necessità di dividere un pasto lui lo avrebbe fatto. Fabian era generoso, disponibile e se io sono rimasto a vita a Cagliari lo devo a lui: dopo sei mesi stavo per andare al Siviglia. Passato alla Juventus si infortunò subito e prese tanto peso. Ai mondiali del 2002 un problema al tendine d’Achille gli impedì di giocare. E’ stata una grandissima perdita per l’Uruguay e per i bianconeri: era il momento giusto per esplodere e diventare una stella di livello assoluto”.

 

 

E qui inizia la seconda parte della storia del “Mago”: l’acqua santa lascia spazio al diavolo. Passato alla Juventus per 20 miliardi di lire Fabian lasciò il Cagliari dopo 5 stagioni e 136 presenze impreziosite da 16 gol. Ben altra storia a Torino, solo 14 le apparizioni in bianconero. “El mago” diventa “El gordo“, i vizi prendono il sopravvento. Il lato oscuro, nascosto faticosamente in Sardegna, esce fuori prepotentemente. “Era un bravissimo ragazzo e un grande calciatore, ma la vita privata lo ha rovinato perché aveva il vizio di bere” – racconta Enzo Fortunato, ex team manager dei sardi –Quando arrivò andai io a prenderlo in aeroporto: sembrava un bambino. Ma in campo era una bestia e in allenamento faceva impazzire tutti. Fuori dal campo era un ragazzo generoso sempre disponibile e sensibile verso chi aveva bisogno. Purtroppo l’ultimo episodio fu emblematico della sua doppia personalità. Fece un incidente nei pressi della Fiera di Cagliari e scappò via: era talmente ubriaco che non si accorse che la targa della sua macchina rimase attaccata a quella dell’altra auto. Io fui il primo a saperlo e a parlare con Fabian“.

 

Parole che oggi trovano tristemente conferma. O’Neill è tornato a casa da tempo e adesso dà una mano in un bar di Montevideo. Alcool? Doveva stargli lontano, almeno 3 anni, ma ha resistito soltanto un mese: a causa del “diavoloha anche dovuto subire un intervento alla vescica.Non ho più nulla e ho sperperato un patrimonio di 14 milioni di dollari. Non mi dà alcun fastidio essere povero, anzi...” – ha dichiarato O’Neill a “El Pais” –Sono anche più felice perché sono circondato solo da persone vere: mi basta avere qualcosa perché i miei figli stiano bene e tenermi un poco per me, per mangiare. Ho fatto sempre ciò che ho voluto e mi sono goduta la vita. Le donne s’innamoravano del mio lato cattivo, poi cercavano di cambiarmi. Ma era impossibile: sono fatto così, ribelle e orgoglioso. Il mio “doping” era un bicchiere di vino, non mi fermavo mai. Bevevo un bicchiere di vino e mangiavo prima delle partite, i cuochi me lo davano di nascosto“.

 

Risultato? Ritiro a soli 29 anni e la scomparsa a soli 49nel giorno di Natale del 2022  dopo il ricovero in gravi condizioni della vigilia di Natale del 2022, lasciando tre figli, in particolare Flavio avuto dalla terza moglie: Quello che voglio è che lui studi: il calcio dura poco. Spero che faccia il suo percorso, ma non chiederò mai soldi e se mi offrisse qualcosa non la accetterei, perché sono molto orgoglioso. E spero che non commetta i miei errori”.

Francesco Caruso

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