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L’Empoli, la salvezza e una maturità trovata: la corsa di Niang

Ore 22.39 del 26 maggio 2024. Minuto 93 di Empoli-Roma. Un tocco di esterno di Cancellieri, il destro di Niang e un pallone in rete. Un istante. Poi il nulla. Anzi, poi tutto. Dallo spettro della Serie B alle emozioni per la salvezza. Sollievo unito a estasi. Un gol travolgente. Travolgente come un po’ è stata la narrazione della vita e della carriera di quel ragazzo con la numero 10. Sfuggente e imprevedibile, come le sue accelerazioni in campo. Impossibile da inquadrare in standard e cornici e a volte ai limiti del tradizionalmente consentito e accettato. Un ragazzo che ha “imparato a imparare”.

Imparare dal passato, dai propri sbagli, dalle esperienze. Ed è nelle trame dell’esuberanza giovanile unita al talento puro e naturale dell’attaccante che si scrive e prende forma l’uomo Niang. Quello con l’Empoli è stato un incontro tra destini simili e volontà comuni. L’esigenza di rialzarsi per salvare e riaffermare sé stessi. Si sono voluti, aspettati, abbracciati. E l’impatto avuto in Toscana è l’immagine nitida del culmine di un percorso di maturazione calcistica e, forse soprattutto, personale. Niang ha segnato, l’Empoli è salvo.

Incontrarsi

Una corsa liberatoria. Una corsa in cui c’è dentro tanto, forse tutto. Perchè quella di Niang è una storia nella storia. Anzi, nelle storie. E quella con la maglia azzurra dei toscani è il risultato di tutte le precedenti. Un talento a volte rimasto solo promessa, alcuni errori commessi, un animo fatto di estro e fantasia. Ma, per il momento, restiamo al presente e alle 22.39 del 26 maggio 2024. “Si è girato Niang”. E l’ha fatto per sei volte (più un assist). Gol che hanno portato 8 punti. Gol che hanno fatto la differenza. Il coraggio nel battere i rigori, la responsabilità nel dover e voler essere riferimento e guida verso la salvezza, il feeling con Nicola e con l’ambiente: tutte conseguenze di un percorso e di una decisione comune. Il viaggio di Niang in Toscana inizia per una volontà reciproca di provarci e di aspettarsi. Nel mercato di gennaio l’interesse dell’Empoli e del Genoa. Una trattativa, quella con i toscani, portata avanti con difficoltà per riuscire a liberarsi dall’Adana Demirspor e chiusa solo il 30 gennaio. Il rischio di aspettare fino all’ultimo giorno. Un rischio calcolato in virtù della consapevolezza del valore del giocatore. 
L’arrivo in Toscana e un feeling partito fin da subito. Fino a quelle 22.39.

Maturità

Chi lo conosce racconta di un ragazzo cresciuto in questi anni. Le ultime settimane in cui la concentrazione era rivolta nella sua totalità nella missione salvezza. Consapevolezze e maturità arrivate dopo anni fatti di traiettorie incerte e prive di continuità. Le giovanili nel Caen, il paragone con Henry e un talento puro e sfrontato. Nel 2012 l’arrivo al Milan e quel tridente con El Shaarawy e Balotelli. Alcune tracce delle sue potenzialità intervallate con episodi che ne circondano l’immagine con i tratti del bad boy. Poi inizia un giro tra Italia, Inghilterra, Francia, Arabia Saudita e Turchia. Nel mezzo scorci di quel talento mai sfruttato nella tua totale potenzialità, qualche errore e la nascita dei due figli. Responsabilità ed esperienza che ne hanno modellato e smussato quella sfrontatezza e quell’estro proprie del suo essere. A Empoli l’esempio di questa crescita. Un feeling speciale con Nicola e la squadra e la consapevolezza di poter essere decisivo. Si sono trovati nel momento giusto. Un destino simile e un finale da… Serie A. Il ragazzo è diventato uomo. Ha segnato Niang, scacco matto. Anzi, come ha scritto lui: “Carte, fin de jeux”. Questa volta è sua la firma. La firma su un’impresa.

Nicolò Franceschin

Nato nel 1997 tra Milano, Como e Lecco. Laureato in Giurisprudenza, ma ai codici ho preferito una penna. Cresciuto con Maradona (il calcio), ma anche Ronaldinho e Sneijder. Il fascino del numero 10. Credo nella forza delle parole. Verità e narrazione. In giro in macchina per stadi, campi e strade alla ricerca di nuovi colori da scrivere, perché ognuno ha una sua sfumatura. Le note del telefono che si riempiono di storie, alcune il cui finale è ancora tutto da scrivere. Una di queste è la mia. Raccontare emozioni e dare voce a chi non ce l’ha.

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