Categories: Interviste e Storie

Dal Paradiso all’Inferno: un’altra notte amara per Neymar col Brasile

Non è il ‘Mineirazo’, ma fa male lo stesso. Lo sentiva tanto questo Mondiale, Neymar Junior. A trent’anni ci credeva, aveva raggiunto la giusta maturità per guidare il Brasile a un trofeo che mancava da vent’anni. Invece, ecco un’altra notte amara con la maglia verdeoro. Un sogno indossarla, un dispiacere (spesso) rappresentarla: le lacrime e la delusione di Neymar sono lo specchio di un’intera Nazione.

 

 

Dal paradiso…

Balli, gol e sorrisi. Il Mondiale di Neymar Junior è durato 280 minuti. Un brutto infortunio, nella gara d’esordio, ma l’attaccante del Paris Saint-Germain non si è perso d’animo. Dopo il Mineirazo, Neymar era pronto a guidare il Brasile alla vittoria in una Coppa del Mondo. 

Il recupero lampo, la rete su rigore contro la Corea del Sud e un destino da compiere più grande delle intemperie. Contro la Croazia è proprio lui ad inventarsi la rete del vantaggio. Tecnica, tanta, e spensieratezza, quanto basta. Un sorriso sognante e pieno di cosapevolezza: è in Paradiso, Neymar Junior

 

 

Lo sguardo proiettato in avanti, gli ‘occhi’ di ‘O Rey sul discepolo. Perchè, nella notte di Al Rayyan anche il destino sembra voler restituire quello che la sfortuna spesso gli ha portato via: una rete da campione per scrivere la storia e raggiungere – proprio – Pelé come migliore marcatore all time della storia del Brasile.

 

 

All’inferno

Invece, ancora una volta il destino si è intromesso. Prima il pareggio di Bruno Petkovic, poi una lotteria finale beffarda. Ha di nuovo fallito il Brasile, è di nuovo a terra Neymar Junior.

Non è il Mineirazo, ma la delusione è tanta. Il volto, che prima sorrideva sognante, ora è inondato da copiose lacrime. L’amico Dani (Alves, ndr), compagno di mille battaglie e fratello maggiore, lo abbraccia ma la tristezza aleggia nell’aria. Poteva essere una delle notti più magiche della sua carriera, è diventata (l’ennesima) serata amara con la maglia del Brasile.

Pietro Agoglia

Ho lasciato il calcio giocato una domenica piovosa in un campo fangoso. Ma il richiamo era troppo forte: ho sostituito gli scarpini con la penna, una divisa con il computer e ora cerco di raccontarlo. Laureato, ma niente di serio. Quasi giornalista, la fumata bianca è vicina, ma mancano da definire i dettagli finali.

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Pietro Agoglia

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