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Nel nome del padre: Timothy Weah e la cinquina con il PSG

Tale padre, tale figlio. Un proverbio che non attecchisce nel mondo del calcio, dove sono pochi i figli d’arte che riescono a ripercorrere le orme dei genitori: Maldini, Materazzi, De Rossi, tra quelli che ce l’hanno fatta, superando in alcuni casi le gesta dei familiari; molto più lungo, invece, l’elenco di coloro che sono stati eclissati dalla luce del padre, talento superiore con cui il confronto non può reggere.

Il nuovo, giovane rampollo del calcio europeo è Timothy Weah, figlio dell’ex campione del Milan George. Classe 2000, Timothy è nato negli Stati Uniti ma possiede anche la cittadinanza francese, e proprio in Francia milita attualmente, nelle giovanili del Paris Saint-Germain. Destro naturale, è dotato come il padre di una progressione atletica devastante, unita a un’invidiabile forza fisica. Nell’ultima gara della Al Kass International Cup, competizione riservata alle selezioni under-17, Weah ha sfoderato i migliori colpi del suo repertorio, andando a segno per cinque volte contro i malcapitati cinesi dello Shanghai Shenhua. Se è vero che l’avversario non fosse dei migliori, il figlio del Pallone ‘Oro ’95 ha comunque mostrato di avere un corredo tecnico notevole, esibendosi anche in un colpo di tacco che gli è valso il pokerissimo.

Pur essendo giovanissimo, Timothy ha già compiuto una scelta importante, rifiutando un’offerta del Chelsea e accasandosi a Parigi; tra non molto, arriverà probabilmente anche la chiamata dell’under-19 francese, costringendolo a scegliere tra la difficile strada transalpina e la più facile via statunitense. Non sarà facile ora il cammino per il giovane attaccante, appesantito dal fardello del nome che porta sulle spalle e costantemente sotto la luce dei riflettori. Tutti alla ricerca di un gesto che lo ricolleghi al padre, i detrattori sono già alla porta, pronti a volteggiare come avvoltoi intorno ai suoi errori, sghignazzando tra loro e annunciando tronfi: “Te l’avevo detto, è solo un raccomandato”. Timothy sa di dover lavorare duro per poter realizzare il suo sogno e suo papà George è altrettanto consapevole di un’inconfutabile legge del calcio: sul rettangolo verde, non c’è genetica che tenga.

A cura di Andrea Zezza

Redazione

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