Un’infanzia difficile con il padre perso a 6 anni e la scuola lasciata per inseguire un sogno. Un presente ricco di gol ma anche di polemiche. Alla scoperta di “Neyser” Villarreal, un talento che fa divertire e discutere
Per tanti bambini il calcio è un sogno, per la maggior parte di questi rimane tale. Per farlo avverare non bastano le qualità, ma spesso serve di più. Nel caso di Néiser Villarreal un ruolo importante l’hanno avuto le motivazioni.
L’attaccante classe 2005 si sta mettendo in mostra al Mondiale Under 20 da assoluto protagonista con la sua Colombia, che ha portato in semifinale a suon di gol. La doppietta agli ottavi contro il Sudafrica e la tripletta alla Spagna ai quarti sono solo il punto d’arrivo di una storia in cui il pallone ha rappresentato la via d’uscita da un incubo.
Dopo un’infanzia difficile nei “barrios” colombiani di Zapotal, umile quartiere di Tumaco, ha raggiunto il sogno di giocare per la sua nazionale con l’Under 20 e di raggiungere la fama in patria, dove si è fatto ribattezzare “Neyser“. Un omaggio al suo idolo Neymar, di cui porta il nome sulla maglia e che imita nelle esultanze.
Un nome accompagnato anche da polemiche, che hanno caratterizzato la fine ormai certa del rapporto col suo club, i Millionarios, con cui non gioca da 4 mesi. Ora però si sta rifacendo a un Mondiale a cui aveva deciso di rinunciare. E nel suo futuro c’è il salto nel calcio brasiliano col Cruzeiro.
Anche adesso che il suo sogno, quello di fare il calciatore, si è avverato, Néiser non dimentica la dura infanzia da cui viene. È stato lui stesso a raccontarla, proprio al Mondiale, in seguito alla doppietta col Sudafrica, dedicata a un padre che gli è stato portato via troppo presto: “Lui è lassù, è stato ucciso quando avevo 6 anni, me lo ricordo un po’ e ogni notte mi aiuta. Gli sarebbe piaciuto che fossi qui in nazionale“. Un sogno che, nonostante tutto, non ha mai smesso di inseguire, anche quando la vita lo ha messo di fronte a un bivio. “Devi scegliere: se vuoi fare il calciatore devi abbandonare la scuola“. La sua famiglia non poteva garantirgli sia gli studi che gli allenamenti e così, a 12 anni, ha fatto all-in sulla seconda strada.
Ha così lasciato casa, andando a Cali, dove inizialmente non venne preso nelle giovanili del Boca Juniors di Cali. Una possibilità gliela diede invece l’Aguilas Distrital de Cali, con cui si mise in mostra a tal punto da entrare nel settore giovanile dei Millionarios, facendo tutta la trafila fino all’esordio in prima squadra nel 2023. Quanto al sogno nazionale, anche in questo caso dovette aspettare, senza essere mai chiamato nelle selezioni sub15 e sub17. La maglia dei Cafeteros ha iniziato a vestirla in sub20, diventandone il massimo marcatore con 15 reti in 21 partite. Numeri che intende migliorare ancora.
Pur essendo uno dei talenti più cristallini del calcio colombiano, di lui finora non si è sempre parlato solo per le doti mostrate in campo. Il rapporto coi Millionarios, con cui ha l’accordo in scadenza a fine 2025, è ormai incrinato e non solo per il precontratto firmato col Cruzeiro per l’anno prossimo. Sono già stati diversi i casi in cui è finito al centro delle critiche in patria. Un esempio è la partita di campionato giocata contro il Santa Fe lo scorso marzo, nella quale, col risultato di 2-0 a favore, è salito sul pallone con entrambi i piedi scatenando l’ira degli avversari. Un gesto provocatorio che gli è costato un giallo per comportamento antisportivo e la sostituzione dopo che la squadra avversaria è andata molto vicina all’aggredirlo fisicamente.
Ha fatto peggio lo scorso agosto, questa volta sui social, in una live sul suo account TikTok. Durante la diretta in questione guardava una partita del campionato colombiano tra Deportivo Pereira e América de Cali, indossando una maglia proprio di quest’ultima squadra. Gesto che ha mandato su tutte le furie i tifosi e anche la dirigenza dei Millionarios e che lo ha costretto a chiedere scusa pubblicamente, spiegando che la maglia era un regalo di José Cavadia, compagno di nazionale. La decisione di chiudere TikTok però non è bastata per aggiustare le cose con la sua squadra, con cui non gioca una partita dallo scorso 20 giugno. Per sua fortuna, è arrivata la vetrina del Mondiale Under 20 per salvare, e alla grande, la sua stagione. Anche se proprio all’ultimo stava per tirarsi indietro.
Sembra quasi un altro giocatore quello che invece si vede quando Villarreal indossa la maglia della sub20 colombiana. Forse perché gioca da unica punta vera, mentre coi Millionarios ha spesso agito da trequartista o da ala. O forse perché è quella la maglia che rappresenta il suo sogno di sempre. Di sicuro, non è un caso che coi Millionarios non abbia ancora trovato il gol in prima squadra, mentre con la nazionale sia bomber e trascinatore indiscusso. Lo è stato nel sudamericano sub20 di inizio anno, dove si è laureato capocannoniere con 8 gol, e lo è al Mondiale Under 20 con 5 reti tra ottavi e quarti. L’inizio, e soprattutto l’avvicinamento al Mondiale, non è comunque stato facile, e ha risentito della bufera mediatica che si è creata attorno a lui.
“Mi ha scritto piangendo, mi ha detto che non meritava la nazionale e che non voleva venire. – ha rivelato dopo la sua tripletta alla Spagna il CT César Torres – L’ho chiamato varie volte, gli ho detto che era il nostro goleador, che il Mondiale era un diritto che nessuno gli poteva togliere e che lo aspettavamo a braccia aperte“. Dopo averlo convinto a fare parte della spedizione, la Colombia è arrivata fino alla semifinale, dove affronterà l’Argentina per accedere all’ultimo atto della competizione. Con la tripletta alla Spagna, Villarreal ha definitivamente giustificato quel “Ney” che porta sulla maglia, anche se, in patria, più che a Neymar lo paragonano a Radamel Falcao, che è stato una guida importante per lui negli ultimi mesi coi Millionarios. E se, un po’ come per il suo idolo, finora si è parlato di lui anche per vicende extra campo, c’è un modo per cancellarle tutte e ricominciare. Salire sul tetto del mondo ora è il suo prossimo obiettivo.
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