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Nayef Aguerd, testa e talento di un difensore col vizio del gol

Nayef l'ha sempre saputo che il calcio avrebbe cambiato la sua vita. E spesso l'ha ribadito difronte a giornalisti e microfoni probabilmente con la stessa naturalezza con cui controlla il telefono e ogni tanto trova un messaggio di Benatia che gli dà qualche consiglio. 

Nove anni di differenza ma stesso ruolo. Difensore centrale, alto 1.90, veloce nonostante i centimetri. Tra i pregi di Nayef Aguerd però non si può non citare il fatto che in ogni occasione 'ci metta la testa'. Nella sua area per respingere, in quella avversaria per cercare la via del gol che spesso ha trovato grazie ai suoi inserimenti. 

Sette reti dal 2018, 3 finora in stagione per confermarsi uno dei difensori goleador più interessanti di questa Ligue1

Nazionale marocchino, al Rennes dall'estate scorsa è diventato presto un punto di riferimento prima di Julien Stéphan – che non ha fatto mai a meno di lui e che l'ha preferito a Rugani – poi di Bruno Génésio. Un contratto fino al 2024 e l'ambiente in cui crescere e consacrarsi con lo sguardo interessato di club attirati da un talento così, inserito nella top 11 dei migliori giocatori africani del 2020 insieme all'amico Hakimi. Qualcuno lo paragona a Pique (ma mancino). 

La Francia nel destino

Salutato il FUS Rabat, con cui nel 2016 si era fatto notare vincendo il campionato e il premio Best Young Player del torneo, la prima esperienza europea doveva essere a Valencia. Intesa a un passo, poi niente: club a Peter Lim e trasferimento saltato. Come "una botta in testa", ha rivelato in una recente intervista a SoFoot. Era cambiata la proprietà ed erano ormai cambiate le strategie di mercato del club spagnolo.

A quel punto, è cambiata anche la destinazione di Nayef: Francia. Digione per l'esattezza. Molto distante dalla 'sua' Kenitra, come città; molto interna e nel cuore della Francia la prima, a nord del Marocco e affacciata sull'Atlantico la seconda.

Nayef in quel momento aveva attraversato il suo 'ponte' verso il calcio europeo, arrivando nella squadra in cui aveva giocato un suo ex allenatore del Rabat. Senza dimenticare il luogo da cui tutto è iniziato: Kenitra, che in arabo significa 'piccolo ponte', tanto per restare in tema. Lì dove la madre non era per niente convinta delle aspirazioni calcistiche del figlio. Ma avere un padre e due zii calciatori professionisti non poteva non essere uno stimolo. A un certo punto anche una sfida: "Volevo diventare un calciatore migliore di mio papà". 

Quando il calcio ti cambia la vita

Ma come inseguire questo sogno con una madre anti-calcio? Andare allo stadio non era semplicissimo, come farle capire che quella del calciatore poteva diventare la sua professione, non solo un hobby. Impossibile saltare un pomeriggio di studio o uscire la domenica a giocare a pallone con gli amici senza aver prima finito i compiti; impensabile non prendere la maturità. Per cosa? Per giocare a calcio? Con quali garanzie? Nessuna. 

Tante resistenze, la scuola mai saltata, ma alla fine ha vinto il sogno. E il merito è anche di Nasser Larguet, attuale capo del settore giovanile del Marsiglia che in questa stagione è stato anche allenatore ad interim della prima squadra nel breve periodo a cavallo tra l'addio di Villas-Boas e l'arrivo di Sampaoli. 

Quando Aguerd era un ragazzino, Larguet era il direttore della Mohamed VI Academy, una sorta di collegio in cui far crescere i ragazzini tecnicamente in campo e umanamente fuori. Un posto in cui erano vietati cioccolatini e caramelle; e se qualcuno veniva scoperto con qualche dolce che non faceva parte della dieta? Sveglia alle 5 e corsetta all'aperto, come la punizione di un girone dantesco per evitare qualsiasi recidiva. 

Un giorno Larguet andò a casa di Nayef per parlare con sua madre: "Le disse che voleva che mi iscrivessi alla scuola calcio. All'inizio rispose 'no', poi Larguet la invitò a visitare il centro sportivo e lì mia madre capì che l'istruzione era importante per quel club: classi, insegnanti e infrastrutture incredibili. Si rese conto che calcio e studio non si escludevano a vicenda". E il lieto fine sperato. 

Metterci la testa, sempre

Nayef parla quattro lingue (arabo, francese, inglese e spagnolo) e chi lo conosce non ha dubbi nel definirlo un ragazzo umile, uno che regala 'colpi di testa' soltanto in campo per proteggere la sua porta o per regalarsi la gioia di un gol. La stessa testa che mantiene sulle spalle e continuerà a permettergli di crescere, così come il suo valore di mercato che adesso è indubbiamente salito rispetto ai 5 milioni investiti dal Rennes l'estate scorsa. 

"Quando ho scelto di diventare un giocatore professionista, ho capito che avrei dovuto fare dei sacrifici. Volevo restituire ai miei, specialmente a mia madre, quello che aveva fatto per me". L'importanza della famiglia. Modesta ma che non gli ha fatto mancare niente. Nè l'istruzione per crescere, nè un pallone per cambiare la sua vita.

Redazione

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