Non si fermano mai le idee di Luciano Spalletti, allenatore di un Napoli che sa bene quanto il +8 in classifica alla sosta per i Mondiali possa fare bene ma anche male. Il timore di tutti è una paura dietro l’angolo: la squadra azzurra saprà ripartire nel 2023 come fatto splendidamente vedere nel 2022? Se lo chiedono i calciatori in campo, se lo chiedono le avversarie pronte alla rimonta, se lo chiede soprattutto Luciano Spalletti, l’uomo che la macchina Napoli è stato bravo a costruirla e ora vuole aggiungerci qualcosa in più.
Il Napoli formato 2022 battuto poche volte quante sono le dita di una mano ha un vestito certo: il 4-3-3 che ormai da anni è perfetta collocazione per gli azzurri in campo. Un retaggio culturale partito con Sarri e arrivato fino a Spalletti, una vera e propria arma in più, che affonda le sue mani su un gruppo di calciatori che sembra nato per questo modulo. In questa stagione il toscano non ha mai avuto dubbi: Osimhen riferimento alto, Kvaratskhelia a distruggere gli avversari sul lato, Lobotka a fare da perno in mezzo al campo con accanto due grandi interpreti del ruolo come Anguissa e Zielinski. E pure la difesa s’è presa la sua scena in un meccanismo oliato alla perfezione come quello azzurro. Quindi, perché cambiare?
Perché solo chi riesce a migliorarsi può superare sé stesso. Il Napoli teme che le avversarie possano trovare un neo nella macchina quasi perfetta. Un tallone d’Achille, un bastone tra le ruote che farebbe ancora più male. E quindi serve cambiare e innovarsi e migliorarsi, se si può: la tentazione di Spalletti a Napoli è sempre stata quel 4-2-3-1 visto anche un anno fa, ma con alterne fortune. “Cambia poco rispetto al 4-3-3, si tratta di movimenti giusti e di fase attiva o passiva” ripete a chi glielo chiede. Ma in campo non è sempre stato così: lo hanno dimostrato alcune uscite anche in questa stagione, soprattutto lo hanno dimostrato le amichevoli di dicembre, al netto di assenze e scusanti, con le gambe ancora pesanti per la preparazione invernale. C’è da trovare un posto a Raspadori, però: alternativo a Zielinski difficilmente può esserlo ma è perfetto dietro Osimhen e di raccordo con la mediana, ecco perché il 4-2-3-1 può essere anche arma aggiuntiva, soluzione estrema, alternativa che regala maggiori scelte. Una freccia all’arco di chi vuol far male.
Per un attimo, nel ritiro di Antalya, si è vista persino la difesa a tre. Uno di quegli “sfizi” che Spalletti s’è tolto in questo lungo mese e mezzo senza partite ufficiali. Il 3-4-2-1 era dettato dalle necessità del momento, dagli uomini a disposizione, dai minuti che mancavano sul tabellone alla partita contro l’Antalyaspor. Ma sta lì, idea che viaggia nella testa dell’allenatore, che gli uomini per l’assalto pure li avrebbe e troverebbe all’oggetto misterioso Ndombelé la giusta collocazione tra centrocampo e attacco. Tutto sta nel lavoro di chi va in campo e anche nelle necessità del momento: ma a gennaio, a San siro, nel faccia a faccia contro l’Inter che riaprirà la corsa serviranno certezze. E la voglia di superarsi ancora un po’.
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