José Mourinho senza filtri: la lunga intervista sull’evoluzione del calcio, sul suo periodo alla Roma e sul futuro.
José Mourinho è sempre protagonista, nel bene e nel male. L’allenatore portoghese ha rilasciato una lunga intervista al Corriere dello Sport in cui ha toccato diversi temi.
Dall’evoluzione del gioco del calcio fino alla sua più recente avventura in Italia con la Roma: lo Special One non ha avuto filtri. Ma occhio a definirlo un grande comunicatore.
A questa domanda, Mourinho ha risposto categoricamente: “Un grande comunicatore non vince tutti i titoli più importanti del calcio“.
Nessun rimpianto, nemmeno quando è stato esonerato dalla Roma, come ammesso dallo stesso portoghese. “L’uscita dalla Roma è stata dura, però non butto nemmeno quella”, ha precisato anche se poi alla domanda se seguisse ancora le sue ex squadre italiane ha risposto: “Non ho più visto giocare la Roma. L’Inter, sì“.
Sulla Roma, poi, Mourinho ha rivelato un errore commesso: “Dovevo andare via dopo Budapest. Non per il casino combinato da Taylor, ma per il fatto di non essermene andato subito. Avrei dovuto lasciare la Roma, non l’ho fatto e ho sbagliato“. Lo Special One però non chiude la porta a un possibile ritorno in Italia: “Certo che tornerei”.
Passando a Bove, che lui stesso ha fatto esordire alla Roma quando era un ragazzino, ha dichiarato: “Bove è come me. Nessuno gli ha regalato niente. Ha esordito con me perché abbiamo principi simili, anche se uno ha vent’anni e l’altro sessanta”.
Mourinho poi si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa andando contro i cosiddetti (come li ha definiti lui) ‘fenomeni del calcio’. “Sono l’ultimo che può parlare di Var e tempo effettivo. Lasciamo questi argomenti ai fenomeni del calcio. Io sono solo un allenatore e voglio fare solo l’allenatore. Ci sono poi allenatori bravi che non sanno vincere, gli esperti dei social media e gente che ha potere decisionale ma che sa di calcio come io di fisica dell’atomo. Il calcio è il regno della superficialità e dei luoghi comuni e un’etichetta non si nega a nessuno. Di solito quando la gente parla di me pensa a cosa è successo quindici, dodici, otto o dieci anni fa. È così per la maggior parte dei grandi allenatori che di solito guidano le squadre migliori e hanno le maggiori possibilità di arrivare in finale. Negli ultimi anni ho fatto tre finali, una con il Manchester United e due con la Roma. Guardo a tutto ciò un po’ divertito, e allo stesso tempo con orgoglio perché quando fai questo con un club senza storia in Europa, ti rendi conto che hai. realizzato qualcosa di speciale”.
In conclusione, il portoghese ha rivelato che aspetta anche una chiamata da parte di una Nazionale: “Voglio giocare un Europeo o un Mondiale, unire un Paese intorno alla sua nazionale nello stesso modo in cui sono riuscito tante volte con i club e i tifosi. Voglio farlo per il calcio, per quello che questo sport rappresenta. Sarà incredibile”.
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